Itaca n. 7 - page 11

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cultura
ossimori
“Human”
A Venezia “State in time” indaga il futuro di Stato
Dall’11 maggio al 15 luglio 2017, nel con-
testo della 57ma Biennale di Venezia,
l’Università Iuav di Venezia ospita a Ca’
Tron il Padiglione dello Stato NSK, opera
del collettivo artistico Neue Slowenische
Kunst (NSK) in collaborazione con co-
munità di migranti, richiedenti protezione
umanitaria e individui apolidi alla ricerca
di una nuova cittadinanza. Per realizzare
il percorso cento individui si sono interro-
gati su che cosa sia oggi uno stato, cosa
voglia dire avere una cittadinanza e come
affrontare la questione dell’identità. Obiet-
tivo del progetto? Ripensare l’idea di stato
contemporaneo e delle frontiere.
Di Giuseppina Pica
L
a stanza del disordine globale è un
cubo dal pavimento inclinato di 25
gradi, si fa fatica ad entrare ed è an-
cora più difficile uscirne. Le pareti
bianche accolgono scritti e video testimo-
nianze che rispondono a quattro, apparente-
mente semplici, domande.
Che cosa vuoi portare con
te dal patrimonio europeo (così
come lo concepisci) per aiutare
a costruire un mondo nuovo
e migliore?
Che cosa vuoi dimenticare
o cancellare dal patrimonio
europeo (così come lo concepisci)
per evitare di ripetere
gli errori del passato?
Che cosa vuoi portare con te dal
patrimonio della tua nazione
(così come la concepisci)
per aiutare a costruire un mondo
nuovo e migliore?
Che cosa vuoi dimenticare
o cancellare dal patrimonio
della tua nazione
(così come la concepisci)
per evitare di ripetere gli errori
del passato?
Da questo archivio di risposte emerge un’im-
magine dell’esperienza “Europa”, al tempo
stesso universale ed estremamente perso-
nale, che riporta ad una molteplicità di con-
nessioni e storie. La stanza è un contenitore
aperto di esperienze, idee e speranze ma al
suo interno lo spettatore scopre come sia
estremamente difficile “rimanere stabili” e
come anche i gesti più semplici come legge-
re, ascoltare, o guadare un video diventino
faticosi quando non si è in equilibrio. L’incli-
nazione produce nello spettatore un senso
fortissimo di straniamento. Immaginiamoci
qualcosa di simile a quello che può prova-
re un migrante quando si mette in viaggio,
durante il viaggio stesso e quando rimane
“in sospeso” nella ricerca di un’identità che
solo un documento può dargli. La nozione di
stato, la definizione di cittadinanza e la buro-
crazia dagli elementi kafkiani sono messi in
discussione attraverso l’esperienza concet-
tuale e fisica della gravità, in un luogo dove il
sentimento di disordine, dato dall’inclinazio-
ne della stanza, prende il sopravvento sullo
spettatore ed è espressione della perdita di
equilibrio, inteso come perdita di punti di ri-
ferimento socio-spaziali, che prova chi se ne
va dal proprio paese.
Una volta arrancati sulla sommità della stan-
za, finalmente l’uscita, ma l’approdo è un’im-
magine contradittoria di un ufficio passaporti
sospeso al centro di un grande salone. Non
ci sono scalinate da salire ne appigli a cui
aggrapparsi. L’istallazione dell’ufficio è spe-
culare: ad una scrivania con sedia correda-
ta da burocrate corrisponde una scrivania
con sedia vuota a rovescio. Lo spettatore si
“sente” così, per pochi istanti, investito dal-
la tragicità di una condizione fisica e morale
di impotenza a cui non riesce a dare senso.
Quella stessa condizione che ogni giorno un
numero impressionante di migranti, apolidi e
di persone in fuga dal proprio paese, vive in
Europa.
Commissionato dal collettivo artistico
IRWIN
,
il Padiglione, realizzato nel contesto della
57Bielnnale di Venezia, è diretto da
Mara
Ambrozic
e curato da
Zdenka Badovinac
e
Charles Esche
che hanno concepito la mo-
stra in due diverse parti: la stanza del disor-
dine globale ed un ufficio
Passaporti NSK
.
Dall’11 maggio al 15 luglio, tutti i visitatori po-
tranno acquisire una cittadinanza alternativa,
ovvero quella della nazione utopica di NSK,
unico requisito la condivisione dei suoi prin-
cipi costituenti: pari opportunità e uguaglian-
za a prescindere dall’appartenenza etnica o
nazionale, sessuale o religiosa.
Nel 1992 poco dopo il collasso del sociali-
smo ed il tumultuoso disfacimento della Ju-
goslavia, “Lo stato nel tempo” NSK, emerse
come un radicale ripensamento della nozione
di stato che, nonostante la fondazione di nu-
merose ambasciate in Europa, non si manife-
sterà mai in maniera geopolitica. La veste di
State in Time, non è territoriale bensì di pen-
siero ed i sui confini cambiano in relazione ai
singoli membri dello stato. Un’entità astratta
in un tempo reale, fluttuante come lo sono
i membri che hanno scelto di appartenervi.
Questa dimensione, costruita sulla collabo-
razione con comunità di migranti, richiedenti
asilo, ed apolidi alla ricerca di una nuova cit-
tadinanza, trova oggi continuità nel padiglio-
ne NSK.
Un padiglione che nasce dalla necessi-
tà di prendere in considerazione le urgen-
ze dell’attuale clima politico. Per favorire la
comprensione di questi problemi, i Delegati
di NSK hanno chiesto a cento diversi indi-
vidui di rispondere a un questionario riguar-
dante la loro visione dell’Europa. L’obiettivo?
Ripensare il concetto di stato contempora-
neo, offrire una forma aperta di cittadinanza e
riportare l’attenzione del pubblico sulla grave
condizione di apolidi, migranti e richiedenti
asilo. State in Time, attraverso il consolato di
NSK ci manifesta l’urgenza e la possibilità di
un mondo nuovo, ci chiede di essere parte
del disordine globale, di abbandonare l’idea
di confine e cogliere le innumerevoli possibi-
lità che solo l’incontro con L’Altro può offrirci.
Info
La vita è come un messaggio.
Di Diletta Grella
H
uman” di Yann Arthus-Bertrand è
un film che dovremmo guardare e
riguardare tutti. Per capire un po’
meglio chi siamo e qual è il senso
della nostra vita. Immagini stupende del pia-
neta ripreso dall’alto (genere in cui Arthus-Ber-
trand, fotografo e ambientalista francese, è un
grande maestro) si alternano a interviste a per-
sone di tutto il mondo, che raccontano la loro
vita, parlando di temi diversi: dall’amore alla
morte, al perdono; dalla felicità alla paura...
C’è per esempio una donna ebrea che rac-
conta di essere stata salvata dalla famiglia
di un soldato tedesco, quand’era bambina,
durante le deportazioni dei nazisti. Un padre
palestinese a cui hanno ucciso la figlia e un
altro, israeliano, che ha perso la sua in un at-
tentato terroristico. Una giovane prostituta
che racconta di come con il suo lavoro vuole
aiutare i fratelli a studiare (lei che non ha po-
tuto andare a scuola) e un ragazzino venduto
dalla madre. Ma c’è anche chi parla di temi
più leggeri, di cosa significa essere felici, della
bellezza di una famiglia, o della gioia di essere
nata donna. E così, volto dopo volto, risposta
dopo risposta, sentiamo e capiamo che, no-
nostante le diverse lingue, le diverse culture, i
diversi luoghi da cui proveniamo… siamo tutti
accomunati dagli stessi sentimenti, dagli stes-
si desideri, dalla stessa umanità.
Una delle frasi più belle la dice un ragaz-
zo, parlando in portoghese, verso la fine del
film, quando ci ricorda che la vita è come un
messaggio. Un messaggio che ognuno di noi
deve portare dal bambino che è stato al vec-
chio che sarà. Facendo in modo che questo
messaggio non si perda per la strada. Come
a dire che ogni vita è davvero unica e come
tale deve essere vissuta, cercando ogni giorno
di scoprirne il senso più profondo, diverso da
quello di tutte le altre vite. È un film intimista e
spirituale, “Human”. Merito anche della colon-
na sonora, splendida e coinvolgente, compo-
sta da Armand Amar. Un film che ha il potere
di farci guardare dentro e forse, chissà, anche
di cambiarci un po’!
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