Itaca n. 7 - page 7

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carcere e storie
in-dipendenze
80% della popolazione adulta. Questo signi-
fica che più di 30 milioni di persone giocano
regolarmente denaro in pratiche di azzardo.  
Più capillare e diffusa è l’offerta di azzardo,
maggiore è la possibilità che larghe fasce
della popolazione superino la sottile linea
verde che divide la patologia dal rischio.
La popolazione italiana è composta
da 60.679.836 di persone, di cui il 54% ha
giocato d’azzardo con puntate e perdite in
denaro almeno una volta negli ultimi 12 mesi.
La stima dei giocatori d’azzardo che, pur
non avendo ancora manifestato patologia
o dipendenza, giocano frequentemente in-
vestendo discrete somme di denaro, varia
dall’1,3% al 3,8% della popolazione genera-
le, ossia da 767.000 a 2.296.000 italiani adul-
ti, mentre la stima dei giocatori d’azzardo con
malattia conclamata varierebbe dallo 0,5% al
2,2%, ossia tra i 302.000 e 1.329.00 italiani
adulti. Si ritiene inoltre che almeno un
terzo
dei giocatori patologici sia composto da don-
ne di età compresa tra i 48 e i 55 anni con
picchi fino ai 75.
In Italia, il 60% degli utenti che dispone di un
collegamento mobile possiede uno smar-
tphone, accedendo con regolarità alla rete.
Per il 59,7% WhatsApp risulta l’applicazione
più usata dai possessori di 
smartphone
. Fa-
cebook si attesta al 48,7%. Quanti di questi
utenti sono minori? Dati del settembre 2015
rilevano che l’88% dei minori fra i 7 e i 18 anni
accede almeno una volta al giorno a un social
network o messaggistica istantanea attraver-
so smartphone.
Tra i ragazzi fra i 15 e i 17 anni la percentuale
di chi usa almeno una volta al giorno a un
social network sfiora però il 95%.
Un’esposizione
integrale che apre le por-
te a contenuti più o
meno user generated e, di
conseguenza, aumenta il
rischio di accedere
anche attraverso la rete
a forme di azzardo sempre
più intensificate,
persuasive e pervasive.
Stando a una ricerca della Società Italiana dei
Medici Pediatri promossa dalla Società Ita-
lian dei Medici Pediatrici e dall’Osservatorio
Nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’a-
dolescenza (Paidòss), presentata all’Inter-
national Pediatric Congress on Environment,
Nutrition and Skin Diseases a Marrakech il 24
aprile 2014, più di 800mila adolescenti italiani
fra i 10 e i 17 anni giocano d’azzardo, mentre
sono circa 400mila i bambini fra i 7 e i 9 anni
che si sono già stati iniziati da genitori, pa-
renti o amici al mondo di lotterie istantanee,
scommesse sportive e
online gambling
.
Nel contempo, il 90% dei genitori intervista-
ti per la ricerca condotta da non ha idea di
che cosa significhi esattamente il termine,
scientificamente scorretto ma d’uso giornali-
stico  “ludopatia”. Men che meno conosce la
sigla tecnica Gap, acronimo che sta per “gio-
co d’azzardo patologico”. Ciò nonostante,
cresce nelle famiglie il timore che l’azzardo
nella sua forma dissipativa, più che patologi-
ca o compulsiva, aggredisca il legame e di-
sgreghi il cerchio caldo delle relazioni. 
Nel complesso, più di 1milione e 200mila
minori gioca d’azzardo almeno una vol-
ta al mese. Il 10% di questi minori lo fa rego-
larmente online, nella rete legale, nonostan-
te i divieti e nonostante i limiti di accesso e
apertura di conti gioco. Nonostante divieti e
dei controlli, il 13% dei minori scommette e
perde denaro online e offline aggirando age-
volmente limiti e controlli.
In regime di ludocrazia, a fronte di flussi così
ingenti di denaro che investono le vite e i ter-
ritorio, tutti i confini fra legalità e illegali-
tà non sono fragili, ma porosi.  Nel luglio del
2014, il Comitato di Sicurezza Finanziaria
(Csf) del Ministero dell’Economia e delle Fi-
nanze ha approvato il primo rapporto dedica-
to all’Analisi nazionale dei rischi di riciclaggio
e di finanziamento del terrorismo (National
Risk Assessment, NRA), reso pubblico nel
dicembre 2015.
Vulnerabilità
istituzionali
Il National Risk Assessment sintetizza le
esperienze di tutte le autorità amministrative,
investigative e giudiziarie coinvolte nella lotta
al riciclaggio e al finanziamento del terrori-
smo e nella nota di sintesi delle vulnerabil-
tà, pubblicata dal Ministero dell’Economia e
delle Finanze leggiamo che “l’interesse delle
mafie verso il settore dei giochi non riguarda
esclusivamente il gioco illegale ma si esten-
de in modo significativo anche al perimetro
delle attività legali del gioco.(…) Tra le forme
di gioco su rete fisica vanno segnalati con
vulnerabilità relativa molto significativa (ri-
schio specifico rilevante e vulnerabilità molto
significative) gli apparecchi da intrattenimen-
to [il
machine gambling
,
ndr
] e le scommesse
a quota fissa perché ben si possono prestare
a operazioni di riciclaggio”.Gli allarmi sono
stati confermati dal Rapporto 2014 dell’Uni-
tà di Informazione della Banca d’Italia, pub-
blicato nel maggio 2015, che ha evidenziato
come stia crescendo il numero di segnala-
zioni che, dagli sportelli bancari, arrivano alle
autorità di vigilanza.
La Lombardia è la regione da cui ha avuto
origine il maggior numero di segnalazioni di
operazioni sospette di riciclaggio e finanzia-
mento del terrorismo (13.021, pari al 18,1%
del totale), seguita da Lazio (8.948, pari al
12,5%) e Campania (8.786, pari all’12,2%).
La maggior parte delle segnalazioni – si leg-
ge nel rapporto- riguarda “la presenza pres-
so il medesimo gestore di vincitori ricorrenti:
la frequenza delle vincite in capo agli stessi
soggetti potrebbe sottendere un mercato oc-
culto di 
tickets
 vincenti, nell’ambito del quale
i riciclatori acquisterebbero i titoli dagli effetti-
vi vincitori, in contropartita di un corrispettivo
maggiorato».
Illegalità e riciclaggio attraverso un mix di az-
zardo legale e illegale costituiscono oggi una
delle frontiere più delicate nella sfida per la
cultura della legalità.
Cifre, dati, numeri che sottintendono un ulte-
riore non-detto: che gioco è questo? E an-
cora una volta torniamo da dove eravamo
partiti: che cosa
ci
 si gioca, quando si gioca?
Questioni che ritornano, potenti, nei versi – e
tra i più noti – di Baudelaire che non a uno,
ma a un «branco di demoni» e di «vermi»  ac-
cenna quando, «come al gioco, il giocatore
ostinato» («Comme au jeu le joueur têtu»),
descrive quel doppio legame tra libertà e ve-
leno, tra elevazione e carogna, tra il vampiro
attratto dal suo stesso sangue, che attiene
ancora alla nostra, non meno ostinata do-
manda: che cosa 
ci 
si gioca, quando si gio-
ca? Orrore e attrazione sono da sempre un
nodo inestricabile della  questione, e da sem-
pre la questione è in bilico tra diseconomie
mortificanti e un dispendio energetico vitale
(
dépense
) che il sistema tenda a inglobare
devitalizzandolo. 
Reality is broken
, titolava un noto libro di
Jane McGonigal, progettista di videogiochi
e cantatrice delle “magnifiche sorti” della
ga-
mification
 (oggi, MgGonigal progetta giochi
per “curare” la sindrome post traumatica dei
soldati americani di ritorno dall’Afganistan e
dall’Irak). Se la realtà si è spezzata restano
due alternative: o guardarci dentro e capire
cosa fare o rinunciare. La rinuncia assume
oggi la forma di una delega cognitiva che,
sempre più, in un sistema ludocratico, si
muta in schema di gioco. 
Non è un caso se il libro della McGonigal in
Italia è stato tradotto con il titolo 
La realtà è
un gioco
 e l’autrice non ha mai smesso di
predicare il verbo secondo cui “il gioco tra-
sforma il mondo in un mondo migliore”.  Ma
la realtà non è un gioco. Vero è il contrario:
la
gamification
 – che non è gioco, ma un pro-
cesso che tende a ridurre ogni  relazione in di
gioco e di addestramento ludico – e in parti-
colare il gioco d’azzardo diventano un prisma
dentro cui, passando, si scompone l’intero
spettro del politico, dell’economico e del so-
ciale. Ecco perché cogliere questi fenomeni,
anche in una loro parzialità, convocando una
pluralità di sguardi multidisciplinari per quelli
che sono più appunti critici che voci in un les-
sico, in vista di decostruzioni presenti e future
può, a nostro avviso, avere un senso.
Rendere
ludico il mondo:
gamblification
di massa
Nella 
gamification 
e nella 
gamblifica-
tion
di massa, il gioco basato su automatismi
comportamentali tende a inglobare qualsiasi
aspetto della realtà celando dinamiche com-
plesse, ma mai come ora presenti, di pote-
re. Per questo parliamo di ludocrazia. Una
ludocrazia che si è articolata come scienza,
su basi solide.
L’azzardo di massa ha mobilitato al pro-
prio fianco una sota di scienza ibrida, real-
mente transdisciplinare. Ha mischiato ele-
menti delle scienze hard, con le pratiche
dell’informazione, della controinformazione
e del marketing, le tecniche di persuasione
con la capacità bioingegneristica e informa-
tica di costruire non solo dispositivi, ma am-
bienti dentro i quali i giocatori amano giocare
e vivere. Per farlo, questa industria globale
e off shore, sia in termini fiscali che in ter-
mini di sovranità di decisione, ha trovato in
Italia un radicamento particolarmente favo-
revole. Il microclima intellettuale non ha per-
messo di decodificare in tempo e a dovere il
retrovirus. Che si è espanso. Un potente alle-
ato, questa industria né fordista né post-for-
dista, semplicemente altra, lo ha trovato non
solo nella finanza evoluta, nelle scoperte o
nelle intuizioni delle neuroscienze, ma anche
nel vecchio, ma mai tramontato comporta-
mentismo. 
Il comportamentismo è una scienza psicolo-
gica applicata che presuppone una linearità
del comportamento umano e si basa su alcu-
ni principi molto semplici: il rinforzo positivo,
il feedback negativo e la frustrazione orienta-
ta. Rinforzo positivo significa che tentiamo a
fare ciò che ci dà piacere. Feedback negativo
che, dopo un po’ che facciamo ciò che ci dà
piacere, quel piacere decresce. La frustazio-
ne orientata è nient’altro che una capacità
del sistema di orientare la mia frustrazione
generando desiderio di tornare sulla situazio-
ne piacevole. Si tratta di uno schema mol-
to semplice, ma estremamente efficace nel
prevedere, entro certi limiti, i comportamenti
umani. Schema che, oggi, può avvalersi del-
la scienza informatica, algoritmica, dei big
data, delle analisi predittive.
Schema che risulta potenzialmente esplisivo,
anche perché il modello comportamentista, in
questa sua variabile declinata all’azzardo di
massa vede nel modello della Skinner Box
– la gabbia per il condizionamento operan-
te studiata e messa a punto dallo psicologo
sperimentale B. Q. Skinner negli anni Tren-
ta-Quaranta del secolo scorso – un prerequi-
sito essenziale per la propria efficacia. Non
è un caso che il machine gambling, l’azzardo
attraverso macchine, si stia divorando tutto
il resto, avendo oramai conquistato due terzi
del mercato. Le “macchinette” sono nient’al-
tro che una Skinner Box applicata all’umano,
anziché a piccioni o ratti. Il problema è tutto
nell’estinzione. Nessuno realmente sa come
estinguere il comportamento appreso alla
macchina. Nemmeno la macchina stessa.
L’efficacia di questo schema si basa
su un volontario consenso e, qui, si aprono
scenari distopici senza fine. Vecchia utopia
skinneriana, espressa anche nel suo celebre
romanzo utopico,
Walden Two 
(1948), dove
Skinner immagina e prefigura la ludocrazia,
ovvero una società domesticata da forme di
apprendimento ludico, più efficaci della vio-
lenza, si sta forse avverando? 
Corrompere il dono
Che cosa accade al gioco quando perde la
sua dimensione di gratuità, di spontaneità,
di relazione? Che cosa accade all’azzardo
quando anche il caso e la sorte vengono
colonizzate e invase da una vera e propria
scienza - algoritmi, software, machine gam-
bling - applicata al gioco? 
Quando - grazie alla scienza informatica ibri-
data col comportamentismo più spicciolo, ma
efficace - è più lasciato al caso? Abbiamo una
dimensione non solo patologica del gioco, ma
una sua corruzione profonda che nemmeno il
termine azzardo sa o può più qualificare.
La ludocrazia ha lavorato a un intelligen-
te bricolage di frammenti e saperi, presi di
forza da molte displipline, menttendoli al
servizio di una vera e propria scienza. Una
scienza a sua volta al servizio di un business.
E business con
scienza significa, oggi più
che mai, che nulla è
lasciato al caso.
Tutto è stato scelto, pianificato, messo a valo-
re in modo rigoroso. Il comportamento umano
davanti al gioco non è più libero né dettato da
regole, ma “plasmato” in presa diretta da una
dinamica che muta e si orienta secondo logi-
che di simulazione che danno al giocatore la
parvenza delle regole, l’illusione della sorte, la
maschera dell’abilità. Il gioco è stato coloniz-
zato, l’immaginario del gioco invaso. Persino
l’azzardo è stato sterilizzato nella sua com-
ponente dell’alea. La chance è programmata,
calcolata, orientata dal banco. L’imprevedibi-
le è messo a valore. La condizione di flusso
(
flow
) in cui si trova il giocatore è esemplare e
paradigmatica in tal senso.
Esemplare perché illumina un paradosso:
il 
flow 
è la dimensione della vertigine, dell’e-
stasi, dell’estraniamento. Si tratta della pre-
condizione della piacevolezza, ovvero di quel-
lo stadio mentale che gli sportivi e gli agonisti
chiamano mindfullness, che assorbe l’uomo
nel gioco.
Mindfullness
è la completa presen-
za della mente nel corpo, una compresenza
che genera benessere. Solo che qui, qual-
cosa che dovrebbe essere generativo divie-
ne un potentissimo fattore degenerativo. Gli
atleti cercano una performance ottimale. Chi
cerca uno stadio di 
mindfullness
, general-
mente sta esprimendo al massimo le proprie
potenzialità e le potenzialità della propria
mente-corpo. Ma se le esprime nel gambling
evoluto, che cosa accade? Il corpo scompa-
re, l’Altro scompare. Il conflitto scompare, la
relazione scompare. Scompare il  mondo.
Scompare anche il gioco. Scompare persi-
no l’azzardo. Resta solo un segno che non
è neppure quello meno della sottrazione, ma
della corruzione.
C’è dunque il gioco e c’è la corruzione del
gioco. La chiamiamo azzardo, ma l’azzardo
rinvia a altre dimensioni: alla sfida, persa in
partenza, con l’imponderabile, la sorte, per-
sino con Dio. Una vecchia storia del Talmud
racconta che tutte le mattine Dio si sveglia e
gioca a dadi col Leviatano, la bestia biblica
per eccellenza. La posta in gioco è il mondo.
E gli uomini che lo abitano. C’è il gioco e c’è
l’azzardo. Ma poi, è storia di questi anni e
giorni, c’è una corruzione del gioco che non
è “gioco” e che dell’azzardo ha perso persino
l’aura e la tragica nobiltà. Per questa corru-
zione non abbiamo ancora un nome. La gio-
cano uomini senza mondo, privi di orizzonte
e senso. La loro posta in gioco è la loro vita
e la nostra, né più, né meno.  Circodanti da
cose che non hanno nome, ci accorgiamo di
possedere nomi che non hanno più alcuna
aderenza alle cose. La ludocrazia è l’orizzon-
te di potere in cui si dispiega la sfida di que-
sta incredibie domesticazione dell’umano.
Saper cogliere la sfida significa talvolta sa-
per scendere in terra ostile, anche sul terreno
che non ci è proprio. Farci critici, per preser-
vare quell’umanità del mondo senza la quale
né il mondo, né l’umano, potranno più dirsi a
casa. Alzando gli occhi al cielo.
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