Itaca n. 8 - page 8

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INTERVISTE •
PERL’APPUNTO
Regista padovano di cinema docu-
mentario e di finzione, Andrea Segre
da oltre dieci anni presta particolare
attenzione al tema delle migrazio-
ni ed è socio fondatore di ZaLab,
un’associazione formata da cinque
filmmaker e operatori sociali, per la
produzione, distribuzione e promo-
zione di documentari sociali e pro-
getti culturali.
Di Redazione
D
a dove nasce il tuo interesse
per il documentario sociale
e per le condizioni esisten-
ziali di chi migra e di chi si
trova a confrontarsi con il fenomeno?
Io non ho studiato cinema e quindi non
ho una formazione da regista, ho stu-
diato principalmente sociologia e co-
municazione sociale, ma per racconta-
re le storie che incontravo durante i miei
viaggi di ricerca e di interesse persona-
le ho iniziato ad usare la videocamera.
Con il tempo questo interesse è diven-
tato il mio lavoro, il che mi ha portato di
conseguenza ad avvicinarmi al cinema,
ovviamente legato alle dinamiche so-
ciali, ma con un interesse che è anche
improntato sull’estetica e la poetica.
Fare documentari
è
costruire relazio-
ni con le persone ed i luoghi. Come
è cambiato nel tempo, storia dopo
storia, il tuo rapporto/approccio con
le persone e con la forma di racconto
del video partecipativo?
Il video partecipativo è una palestra at-
traverso cui formi il tuo approccio alla
realtà. Quello che ti insegna il metodo
partecipativo è che la tua posizione au-
toriale ha bisogno di essere messa in
discussione dalle persone e dai luoghi
che racconti e che frequenti. Devi met-
terti nella posizione che possa permet-
terti di rinunciare alle tue certezze e di
contaminare il tuo punto di vista, in que-
sto modo l’esperienza diventa anche
un’esperienza di formazione reciproca.
Questo è un percorso di reciprocità che
il video partecipativo, come metodo e
come fatica, ti aiuta ad apprezzare. Io
quando faccio film di finzione con im-
portanti strutture produttive, non riesco
ad applicare il metodo partecipativo,
però ti rimane sulla pelle come tipo di
approccio, come tipo di relazione che
hai con il mondo. Tutto questo non è
soltanto legato alla produzione, ma
anche alla distribuzione, infatti, quello
che noi facciamo con
ZaLab
è portare
il film e i racconti a disposizione di per-
sone che proiettando il film diventano
loro stessi co-distributori. Alla doman-
da “Quando esce il tuo film nella mia
città?”, noi rispondiamo “Fallo uscire
tu, non aspettare che ti arrivi, come se
la tua posizione sia necessariamente
quella del consumatore di immagini.
Tu puoi essere un soggetto attivo che
aiuta quelle immagini e quei sensi, non
soltanto ad arrivare ad altri, ma anche
a collaborare al tuo percorso di senso”.
Oltre 50.000 persone hanno visto
“L’ordine delle cose”. Ci siamo in-
terrogati sul significato di termini
come
diritto, controllo, gestione
e sul-
la loro trasformazione di fronte al
cambiamento epocale in atto. Il film
ci invita a chiederci qual è la nostra
posizione. Hai dichiarato sul tuo sul
tuo blog:“Credo fermamente che ab-
biamo l’obbligo tanto politico quanto
intellettuale di non lasciare che l’opi-
nione pubblica si distragga”. Potresti
approfondire questo concetto?
C’è una strana funzione che ha il tema
delle migrazioni, in questo momento
storico e nella vita democratica d’Eu-
ropa. Da una parte è un tema centrale
su cui sembra che si giochino tutte le
campagne elettorali d’Europa, e dall’al-
tra è un tema su cui le persone cono-
scono solo gli slogan. È un momento
di schizofrenia drammatica. È incredi-
bile quanto noi stiamo determinando
dei posizionamenti politici, sopra ad un
tema su cui la reale competenza e ri-
flessione è così bassa. Tutto ciò nasce
da un grande difetto, dal fatto che due
persone di cui stiamo parlando, ossia
quelle che con i loro corpi determinano
poi una migrazione, non sono sogget-
ti democratici, ossia non partecipano
all’attività democratica. È come se noi
parlassimo di disoccupazione senza
dare il diritto al voto ai disoccupati o
ai lavoratori in generale, come se noi
parlassimo di traffico senza far votare
le persone che guidano. Eppure que-
sto stiamo facendo, occupandoci di
un tema rispetto al quale a votare sono
soltanto i soggetti passivi di questo
tema. Questa è una conseguenza del
fatto che quella che è stata costruita
negli ultimi 30 anni è una globalizza-
zione delle merci e non dei diritti. Non
si è allargata l’arena democratica, ma
soltanto il mercato economico e finan-
ziario. Tutto ciò richiama un enorme
compito, da parte della classe politica e
della classe intellettuale o comunque di
chi ha il tempo di occuparsi del tema e
di approfondirlo, che non può alimenta-
re quella superficialità e quell’ignoranza
perché se lo fa, fa male alla democrazia
e non agli immigrati, togliendo capa-
cità ai cittadini di occuparsi realmente
delle cose e di utilizzarle soltanto come
occasioni di espressioni momentanee
di emozione. Quindi, rispetto a questo
tema ci stiamo giocando la capacità di
tenuta democratica del nostro tessuto,
che come sappiamo è già molto scric-
chiolante. Per questo è necessario che
chi ha il tempo di approfondire, ricerca-
re, conoscere e raccontare le cose non
può farlo su questo tema in maniera
superficiale.
Nella tua ultima produzione rimetti
insieme i tasselli della vita di “Ibi”,
che ha fotografato e filmato la sua
vita in Italia per 10 anni. Questo film
nasce dalle sue immagini e per la pri-
ma volta arriva in Europa un film inte-
ramente basato sull’auto-narrazione
diretta e spontanea di una donna mi-
grante, che racconta sé stessa e la
sua Europa ai figli rimasti in Africa.
Ibi è una testimonianza, dal valore
inestimabile, di resilienza e creativi-
tà. Veramente, come dice Ibi, “niente
è impossibile”? È possibile sovverti-
re l’ordine delle cose?
Certamente è possibile. Questo è un or-
dine stabilito da delle scelte politiche e
come tali si possono cambiare. Quello
di cui noi stiamo parlando è il fatto che
si è scelto di non dare ad alcune perso-
ne il diritto di viaggiare e ad altre si, di
non dare ad alcune persone il diritto di
fuggire e ad altre si, di non dare il dove-
re di accogliere, ma di lasciarlo come
volontà. Queste sono scelte e come
tali possono essere modificate, ma per
farlo hanno bisogno di una riflessione,
di un confronto e della possibilità di far
passare alcuni principi invece di altri.
Il problema è
riuscire a porre le
domande giuste, per-
ché se la domanda fos-
se: “Volete più profughi
o meno
profughi?”, potrei
rispondere anche io
“meno”, è come dire
“Vuoi che ci sia più
gente o meno gente
a casa tua?”,
non è questa la doman-
da giusta da porre.
La domanda dovrebbe essere: “Voglia-
mo che il bisogno di mobilità delle per-
sone sia più importante del potere che
lo nega o no?”, perché se vogliamo che
non lo sia allora dobbiamo essere pron-
ti a rinunciare anche al nostro bisogno
di muoverci, a quello dei nostri figli, dei
nostri fratelli o di noi stessi. Dobbiamo
discutere su quali sono le dinamiche di
rapporto tra potere economico e vita,
tra potere politico e libertà di espres-
sione e di movimento, se riflettiamo su
questo allora le risposte probabilmente
saranno diverse. Se uno mi dice “Allora
tu li vuoi far arrivare tutti in barca, per-
ché sei contro gli accordi
Italia-Libia
?”,
in verità io sono 10 anni che non li vo-
glio far venire in barca, ma per non farli
venire in barca bisogna dargli la possi-
bilità di farli venire in altro modo. Non è
che se li fermi dall’altra parte del mare
hai risolto. È quando vengono fatte le
domande sbagliate e non c’è la cono-
scenza per poterle contrastare che le
risposte poi sembrano immodificabili,
perché sono le domande che prevedo-
no quel tipo di risposta immodificabile.
Se la domanda fosse “Tu sei per ac-
coglierli tutti o per mettere un limite?”
anche io risponderei “Sono per mettere
un limite”, ma non è questa la domanda
giusta.
Amnesty International – Italia, Ban-
ca Etica, MEDU – Medici per i Dirit-
ti Umani, Medici Senza Frontiere,
NAGA Onlus e ZaLab lanciano per il
3 Dicembre a Roma per “Cambiare
L’ordine delle Cose”, il forum nazio-
nale che chiama in raccolta i cittadini
da tutta Italia con l’obiettivo di cam-
biare le politiche migratorie e costru-
ire una società più aperta e solidale.
Che cosa ti aspetti da questo impor-
tante momento di condivisione?
È una esigenza che è nata quando ci
siamo resi conto che gran parte della
società italiana si sentiva soffocata tra
una sorta di suggerimento a star zitti,
che è quello che essenzialmente le for-
ze politiche del governo in questo mo-
mento dicono, ossia “Meglio che non
ne parliamo perché non si poteva che
fare così, e non discutiamone” (che in
altri termini è una forma di censura o
auto censura) e dall’altra parte invece le
forze attualmente in opposizione conti-
nuano trionfanti con degli slogan inac-
cettabili da un punto di vista di minima
civiltà. C’è una parte della società che
non accetta né il silenzio né gli slogan
perché capisce, nel momento in cui si
ferma 5 minuti in più a riflettere, che
quella che invece va fatta è una fatica di
ridefinizione per processo, per affronta-
re tutto questo fenomeno in maniera
costruttiva. Tutto ciò è possibile se ci si
riflette e ci si lavora veramente. E così
ci siamo detti, costruiamo un momento
che non sia né un convegno tecnico, tra
persone che si danno informazioni sul
proprio lavoro, né una manifestazione
troppo ampia e ampiamente simbolica,
ma un momento di lavoro tutti insieme
in cui ci diciamo delle cose e diciamo
poi al mondo come le pensiamo. At-
tualmente siamo a quasi 700 iscritti da
140 città d’Italia e questo è veramente
l’indicazione di un pezzo importante
d’Italia, perché finche fai una manife-
stazione a
Roma
5000 romani sono
pochi, ma non è una manifestazione, è
l’avere un luogo, per un giorno intero,
per discutere di una cosa, e questo è
un segnale di vero interesse se viene
gente da tutta Italia.
Quali sono i tuoi progetti e le speran-
ze per il futuro?
Mi piace molto quello che stiamo co-
struendo dentro e intorno a ZaLab, che
sta crescendo sempre di più. Ci sono
sempre più autori giovani che si avvi-
cinano, sono tante le attività in corso
e mi piace contribuire a questa vera e
propria sfida culturale. Non siamo una
società di produzione X, siamo una pro-
gettualità culturale, artistica e sociale
molto vivace che mi piace continuare
a far crescere. Tra l’altro dentro a Za-
Lab stiamo immaginando alcune cose
nuove che spero possano partire nei
prossimi mesi. Scriverò, inoltre, un mio
prossimo film di finzione, giovedì esce il
mio primo romanzo
“La Terra Scivola”
,
edito da
Marsilio
e per il quale sono
curioso di sapere cosa succede.
Sovvertire
L’ordine delle Cose
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