Itaca n. 11 - page 6

C A R C E R E E S T O R I E - I N - D I P E N D E N Z E
Questo accade perché la fragilità si scontra, specie
in psichiatria, con parole fredde e opache, crudeli
e pietrificate, negate alla trascendenza e immerse
nell’immanenza. Invece ci sarebbe bisogno di paro-
le leggere e profonde, fulgide e discrete, delicate e
aperte alla speranza e permeabili all’incontro.
In che senso la fragilità può avere un aspetto
anche luminoso come lei ha scritto nel libro
che ha dedicato a questo tema?
La fragilità negli slogan mondani dominanti è la im-
magine di una esperienza inutile e antiquata, imma-
tura e malata, inconsistente e destituita di senso,
estranea allo spirito del tempo, e invece nella fragilità
si adombrano valori di sensibilità e di delicatezza, di
gentilezza e di dignità, di comunione con il destino
di sofferenza di chi sta male. Oggi si ritiene che la
vita si realizzi solo se siamo forti, coraggiosi e non ci
preoccupiamo dei sentimenti e delle emozioni altrui.
Crediamo che il nostro io sia il protagonista esclusivo
della nostra vita. Invece nella fragilità siamo portati
a sentire e vivere i sentimenti degli altri. È essere in
un dialogo continuo con gli altri. È essere coscienti
dei propri limiti e sapere che la vita ha senso solo
in questa collaborazione con gli altri, vista da molti
come una fatica e una perdita di tempo. Invece è il
contrario, è solo così che realizziamo fino in fondo
quello che è il destino della condizione umana. Non
siamo isole o ponti bruciati, siamo penisole aperte.
In questo senso la fragilità è un’esperienza luminosa.
Lei tante volte sottolinea l’importanza del-
la parola di fronte alle esperienze di fragilità.
Qual è questo “potere“ della parola?
Tante volte noi usiamo le parole senza forse cogliere
quali abissi si nascondono nelle parole stesse, quanti
arcobaleni si aprano, quanta fatica ci sia nel coglie-
re il termine che può salvare qualcuno dalla soffe-
renza. Le parole sono delle creature viventi, sono
visioni sigillate dal mistero; dobbiamo tenerlo pre-
sente ogni volta, in particolare quando in gioco c’è
una grande sofferenza o una grande speranza. Ma
poi c’è da fare i conti con la fragilità stessa in quanto
parola, che può essere intesa nel significato di una
debolezza insignificante, di sofferenza inutile, di una
ferita dalla quale fuggire. A questa interpretazione se
ne contrappone però un’altra. È un’accezione che è
veicolata anche attraverso la musicalità stessa di una
parola così musicale. Anche gli storici della lingua
hanno sottolineato enorme dilatazione semantica di
“fragilità”, che può sconfinare in aree limitrofe che
indicano ipersensibilità, tenerezza, delicatezza. È una
costellazione di emozioni e di virtù (che sono a loro
volta parole) che hanno la fragilità come loro noccio-
lo essenziale. Anche la gioia ha questo connotato di
fragilità, proprio per la sua natura transitoria.
È un caso che siano tutti termini femminili...
No, non è casuale. Perché la coscienza della fragili-
tà del corpo, del corpo vivente e del corpo fisico, è
senz’altro più profonda nella donna che nell’uomo. In
lei, certo, il corpo ha una significazione psicologica e
sociale di più radicale importanza, benché, oggi, sia-
no ben altre le qualità umane e spirituali che contras-
segnano l’immagine sociale della donna.
Che relazione c’è tra fragilità e speranza.
Ce lo spiega?
Anche in questo caso dobbiamo maneggiare con
cura le parole, che sono strutture viventi. Una cosa
sono le speranze, al plurale: piccole cose di ogni gior-
no, molto vicine alle illusioni, legate al concetto di
ottimismo. Altra cosa, invece, è la speranza, al singo-
lare. L’ottimismo ha a che fare con un futuro che noi
costringiamo a essere vicino ai nostri desideri per-
sonali. Invece la speranza è l’aspettativa in un futuro
che non conosciamo. Quel tipo di speranza senza
la quale non si può vivere, come diceva Leopardi. È
un’inclinazione che spinge a non fermarsi alle appa-
renze, ma a pensare che la condizione attuale, nostra
e della società, non è mai definitiva: entrano sempre
in gioco la creatività, il cambiamento.
Crediamo che il nostro
io sia il protagonista
esclusivo della nostra
vita. Invece nella
fragilità siamo portati
a sentire e vivere
i sentimenti degli altri.
Una costellazione
di emozioni e di virtù
Di Giuseppe Frangi
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