Itaca n. 6 - page 9

cultura
affabulazioni
Beuys e la “scultura sociale”
Bob Dylan: musicista, poeta, visionario.
Cercava un’idea, o meglio un’esperienza
di arte che si implicasse in modo più
profondo con la vita.
Di Giuseppe Frangi
L’
artista è per sua natura un visio-
nario, ma quando sulla scena
dell’arte è apparso un personag-
gio come
Joseph Beuys,
si è ca-
pito che essere visionari significa un’altra
cosa. Beuys era nato nel 1921 a
Krefeld,
in
Germania. Durante la guerra fu aviatore
nell’esercito tedesco. Nel 1943 il suo aereo
venne abbattuto in
Crimea
e lui si salvò, gra-
zie alla solidarietà istintiva di un gruppo di
nomadi tartari che lo curarono, facendo ricor-
so alle loro tecniche “primitive” di medicina
naturale. Per Beuys quell’esperienza rappre-
sentò una folgorazione e indirizzò il suo cam-
mino artistico a cercare qualcosa che fosse
di più che l’“opera d’arte” come è sempre
stata intesa. Cercava un’idea, o meglio un’e-
sperienza di arte che si implicasse in modo
più profondo con la vita. Con la vita non solo
sua, ma di tutti. Ad esempio, quella che ave-
va sperimentato incontrando i tartari suoi
soccorritori era un’armonia potente ed effica-
ce con la natura, visto che la medicina grazie
alla quale era stato salvato era interna a
quell’armonia. Una medicina che si fondava
sugli elementi naturali, come il feltro e il gras-
so con cui quei nomadi cosparsero il suo cor-
po per proteggerlo. Feltro e grasso non a
caso diventeranno successivamente i mate-
riali prediletti delle sue produzioni artistiche;
tuttavia sbaglieremmo se continuassimo a
guardare a quelle produzioni come ad ogget-
ti, come ad “opere” nel senso che tradizional-
mente si dà alla parola. Beuys abbracciò la
filosofia steineriana, ma la sua energia visio-
naria aveva fatto sì che quella filosofia non
risultasse un recinto all’interno del quale
muoversi, bensì un trampolino per immagina-
re orizzonti che sarebbero diventati riferimen-
ti per tutti.
Il suo obiettivo era la definizione di
«un concetto ampliato di arte»,
un concetto capace di generare
“l’arte sociale” come nuova discipli-
na. E cosa prevede questo concetto?
Che il corpo sociale sia il terreno
privilegiato per l’opera d’arte;
sia la “materia prima” dell’opera
d’arte totale, che è «possibile solo
con la partecipazione di tutti».
L’opera dell’artista è un’opera molto più va-
sta di quello che sin qui è stato. L’opera sta
nell’attivare le capacità degli uomini, che non
sono solo capacità economiche; è spingere
per approdare ad una libertà sia esito della
creatività: «quell’accensione iniziale che av-
viene ex nihilo e perviene a qualcosa di nuovo,
in ogni caso a una struttura del corpo sociale
allargata rispetto al passato» (perché libertà
è qualcosa di profondamente diverso, scrive
Beuys «dal ciarpame hobbystico che oggi
viene venduto come “tempo libero”»). L’opera
d’arte per Beuys è quindi una «scultura socia-
le». E la difesa della natura diventa la forma
di questa scultura. Quando nel 1982 venne
invitato a Documenta, una dei più importanti
appuntamenti dell’arte contemporanea che si
tiene ogni 5 anni a
Kassel
, Beuys portò 7mila
pietre di basalto davanti alla sede principale
dell’esposizione. Per ogni pietra “adottata”
sarebbe stata piantata una quercia (albero dai
profondi significati simbolici), dando vita ad
un rito collettivo fondato su una più profonda
consapevolezza del rapporto tra uomo e na-
tura come spazio di nuova libertà. Beuys morì
quell’anno. Ma quell’opera d’arte che aveva
messo in movimento andò avanti anche dopo
di lui...
Ieri è solo un ricordo, domani non è mai
quello che si suppone essere.
Di Redazione
L’
assegnazione del premio Nobel al
cantautore
Bob Dylan
ha scate-
nato, come spesso accade alla
consegna del premio, numerose
reazioni: entusiastiche quelle dei moltissimi
fan del cantautore, deluse al limite del tragico
(c’è chi ha persino parlato di “morte della let-
teratura”) quelle dei difensori della “letteratu-
ra” in senso classico. Su cosa si intenda per
“senso classico” si potrebbero spendere fiu-
mi di parole, ma non è questa la sede né
sono io la persona più adatta a farlo.
Il Nobel è stato assegnato al menestrello di
Duluth dall’Accademia svedese con la se-
guente motivazione: “per aver creato una
nuova espressione poetica nell’ambito della
grande tradizione della canzone americana”
e in queste parole è, secondo me, espresso
tutto il valore dei testi di Bob Dylan. È pro-
prio su questi testi, sulle parole, che sembra
essersi concentrata l’attenzione del pubblico
in merito alla discussione sull’assegnazione
dell’ambito premio ad un cantautore.
Si inserisce in questo contesto
Christopher
Ricks
, eminente storico della letteratura vit-
toriana che su Bob Dylan ha scritto un libro,
ribaltando il quesito che infiamma il dibattito
“è giusto considerare letteratura delle canzo-
ni?” con la sua domanda: “è giusto conside-
rare le canzoni
solo
letteratura?”. Dopotutto
la musica è un’arte complessa, poiché com-
posta da vari elementi difficilmente separabili
gli uni dagli altri: la voce, il testo, le note.
Bob Dylan non è uno scrittore,
almeno non in senso stretto, non
certo per la mancanza di artisticità
nelle sue parole o perché non
risponde ai canoni editoriali,
ma perché egli è prima di tutto un
musicista, polistrumentista
e cantante.
La sua chitarra scandisce magistralmente il
ritmo del suo canto, e la sua voce roca ed im-
perfetta imprime una forza maggiore al valore
delle sue parole. Sarebbe perciò un errore ri-
durre il genio di Bob Dylan a pura letteratura,
sebbene siano state le sue parole ad ispirare i
giovani ribelli degli anni ’60, anche attraverso
voce e musiche non sue.
Le sue opere sono, infatti, state prese in pre-
stito e fatte proprie da una moltitudine di ar-
tisti, a lui contemporanei e non. Impossibile
dimenticare le straordinarie interpretazioni
dell’amica
Joan Baez
, che con la sua voce
soave infonde di spiritualità e malinconia
Blowin’ in the Wind
e
Don’t Think Twice It’s
Alright
. E la potente chitarra di
Jimi Hendrix
,
lascia senza fiato il pubblico dell’Isola di Wi-
ght ruggendo le note di
All Along the Watch-
tower
. Stesse parole, diversa voce, diversa
musica, diverse emozioni.
La genialità di Bob Dylan si ritrova così nel-
la sua straordinaria capacità di creare pezzi
unici e tuttavia modellabili, a seconda delle
epoche e dell’interprete, senza che si snaturi
l’intrinseca poesia che li rende senza tempo.
È il cum-sentire grandioso e fantastico della relazione, in altri modi, con altri mezzi.
9
1,2,3,4,5,6,7,8 10,11,12,13,14,15,16,17,18,19,...24
Powered by FlippingBook