Itaca n.1 - page 13

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usi e costumi
Parlare di alcol in un sistema socio-cul-
turale basato sul reddito vitivinicolo e
le offerte drink-win rivolte ai giovani è
impopolare, ma non poter dire che il mito
del “vino fa buon sangue”
è falso,
o contin-
uare a celare i danni alcol correlati è una
scorrettezza etica.
Di Antonella Fortuna Coordinatrice della
“Casa Ama” - doppia diagnosi.
L’alcol è un intero mondo fatto di tipologie
diversificate, luoghi e non luoghi, colori di
bevande distillate e fermentate; e poi i danni,
le neuroscienze, la guida e l’alcolemia, i delir-
ium tremens sino alla morte. E’ un inganno
antropologico dell’idea che tutto è possibile,
non c’è limite, perdita, mancanza. Un soddis-
facimento immediato che nasce dalle ceneri
di un cattivo rapporto con il mondo. Il narci-
sismo del terzo millennio ha un nuovo modo
di mostrarsi, attraverso l’espressione lontana
da ciò che si è; in tal senso, l’alcol aiuta il
“nascondimento”.
Sappiamo che solo quando l’essere è libero
smette di aver bisogno, ma non ci si può liber-
are dai vuoti affettivi e dalle ferite abbandon-
iche. Così “l’amico alcol” diventa un rifugio
nei deficit dell’autostima, attraverso una chi-
usura relazionale, regalando un ripiegamento
che abbandoni i contatti emotivi e cognitivi
con il mondo reale. E quando l’umano vuoto
interiore reclama di essere colmato, l’alcol
conduce in una subcultura maggiormente
gratificante, fino a quando progressivamente
ed inconsapevolmente, ciò che rimane è la
desertificazione e l’impoverimento di tutte le
altre esperienze.
Come ti fa.
E’ una dipendenza che induce ad
essere subalterno, abbandonandosi sino alla
depersonalizzazione. Un’alterazione del sot-
tile equilibrio esistente tra: piacere, deside-
rio,motivazione, memoria, apprendimento,
controllo degli impulsi. E’ un totale asservi-
mento, un’eterna presentificazione nell’as-
senza di poter scegliere.
E’ dunque un’autocura che attenua lo stress
della vita ed ha una azione bifasica : sed-
ativo ed euforizzante. Può fare molto, può
fare ciò che si desidera, modulandosi sui
bisogni profondi e divenendo necessario. E’
conviviale,
soddisfa la ricerca del piacere
nello stare insieme ad altri in modo gradevole
e spontaneo. E’
rituale
, consolida i valori
condivisi nelle iniziazioni adolescenziali verso
l’età adulta. E’
vincente,
implementando
aspetti esibizionistici di un protagonismo che
maschera insicurezze e frustrazioni. E’
anti
vuoto
, copre i disagi profondi ed i malesseri
esistenziali i quali poi ne favoriscono l’abuso.
Cosa ti fa. Ammala,
in modo
decorso, cron-
ico e recidivante. Nell’assunzione compulsiva
è in grado di modificare le normali attività del
Sistema nervoso centrale e da un particolare
stile di vita.
Modula,
i sistemi neurotrasmettitori ali (dopa-
mina, oppioidi, gluttammaergico, gabaergico)
alterando i circuiti e determinando una riduz-
ione dell’efficacia della gratificazione indotta
dall’uso, instaurando il ciclo dell’addiction
(alternanza di craving, tolleranza, intossica-
zione,dipendenza)con il bisogno di assumere
dosi sempre maggiori.
Distrugge l’organismo,
l’etanolo (CH3-CH2-
OH) è una molecola solubile in grado di
penetrare nei tessuti attraverso il flusso san-
guigno ed è proprio il metabolismo alcolico
che avviene nell’organismo (da acetaldeide
sino ad acqua ed anidride carbonica) a provo-
care danni irreversibili.
Compromette a livello neurologico,
nei
minori, l’alcol, scardina il sistema neuropsico-
logico creando oltre ai danni fisici, il persist-
ere di percezioni alterate nel “proprio essere”
e del “ mondo esterno”. Percezioni memoriz-
zate in distorsioni cognitive che possono per-
manere. Negli adolescenti l’alcol diventa una
violenza neurologica e psichica che induce
danni permanenti.
Eppure è la sostanza di abuso più comune, è
la “profferta” più allettante e risolutiva.
Prevale cosi la
drunkoressia,
tra le ragaz-
ze che bevono digiunando per essere cosi
magre e sballate.
Aumenta cosi il
bingedrinking
con il rito del
più forte che ingurgita 5-6 drink consecutivi
con esiti di intossicazioni e coma etilici a
volte letali.
Chiediamoci allora; che società è quella che
fonda parte della sua economia e cultura sulle
“dimensioni del rischio di diventare dipenden-
ti”, speculando sulle perdite inaccettabili, le
dispersioni d’identità, le incapacità di gestire
le emozioni
. Dicendoti che tutto il dolore
può non esserci più, solo se lo si desidera
e tutto si può bevendo.
L’Italia è il terzo paese al mondo per nume-
ro di giocatori e per il fatturato raggiunto da
questa industria, ma se lo stato vince chi è
che perde?
Di Mariapaola Modestini Responsabile
dell’Ambulatorio per il gioco d’azzardo
patologico “Rien ne va plus”
Che il gioco sia importante per la crescita e lo
sviluppo cognitivo del bambino, è cosa ormai
acquisita, che il gioco migliori la qualità della
vita nell’uomo adulto è altrettanto risaputo, ma
quale sia la differenza tra il gioco inteso come
divertimento e abilità, ed il gioco d’azzardo
forse non è a tutti chiaro.
Il gioco d’azzardo è quella particolare tipologia
di gioco nella quale non è richiesta alcuna abil-
ità, si puntano denari o oggetti di valore (case
gioielli attività) e non si possono avere indietro,
il risultato è aleatorio, ossia nelle mani della
sorte. Cos’è allora che spinge la quasi totalità
della popolazione italiana a tentare, almeno
una volta nella vita, la sorte? Chi di noi non ha
mai acquistato un gratta e vinci?
Tutto si spiega se ci soffermiamo a riflettere
sulla produzione pubblicitaria che ha accom-
pagnato, negli ultimi dieci anni, la sempre
maggiore offerta di giochi d’azzardo. Il sogno
che c’è dietro l’azzardo è quello di “vivere fac-
ile”, di essere un “turista per sempre”, ma la
realtà che lo governa è fatta di tutt’altra pasta.
In Italia negli ultimi anni il mercato del gioco ha
consentito allo stato di incassare 13,7 miliardi
di euro, trasformando il gioco d’azzardo in una
delle principali industrie italiane. L’Italia è il
terzo paese al mondo per numero di giocatori
e per il fatturato raggiunto da questa industria,
ma se lo stato vince chi perde?
Il numero dei dipendenti da gioco d’azzardo
è cresciuto proporzionalmente all’offerta, alla
diversificazione dei giochi, alle infinità di posti
in cui si può giocare, senza limiti di tempo o di
danaro. Il numero dei pensionati, delle casa-
linghe, dei minorenni, dei maggiorenni, dei
poveri, della classe media che hanno puntato
tutto sul sogno della vincita è sempre più alto.
Sono sempre più numerosi, ambulatori, comu-
nità, servizi che sono nati per rispondere a
questa nuova dipendenza. Ma sarà vero che
lo stato vince?
Alcol:
l’inganno antropologico
I re di danari
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