Itaca n. 9 - page 4

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Non tollerare, essere intolleranti
Di Elvira Zaccagnino, direttrice edizioni la meridiana
L
Essere intollerante verso l’aggressività e
la violenza, ovviamente con una postura
non aggressiva e non violenta, è la forma
più alta di nonviolenza. Potremmo
scrivere di Gandhi o di Gesù Cristo, o di
Tolstoj e magari riportare a tutti l’immagi-
ne del ragazzo che in piazza Tienanmen
si pose dritto di fronte alla parata dei
carri armati. Non tollerare la guerra e
rifiutarla ‘come strumento di offesa alla
libertà degli altri popoli e come mezzo di
risoluzione delle controversie internazio-
nali’ è un articolo della nostra Costituzio-
ne. L’undicesimo per la precisione.
Pratica di intolleranza buona.
Essere intolleranti verso gli ‘ostacoli di
ordine economico e sociale, che, limitan-
do di fatto la libertà e lʼeguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana e lʼeffettiva parteci-
pazione di tutti i lavoratori all'organizza-
zione politica, economica e sociale del
Paese’ è la forma più alta di intolleranza
benefica civica e civile che rende sana
una comunità. È un principio della nostra
Costituzione che fu scritta dopo anni in
cui l’intolleranza verso alcuni fu sancita
da leggi e praticata da molti che si
sentivano nel pieno diritto e dalla parte
giusta in un rapporto di forza, praticando
con la violenza la loro intolleranza.
come ‘Io ho un sogno, che i miei quattro
figli piccoli vivranno un giorno in una
nazione nella quale non saranno
giudicati per il colore della loro pelle, ma
per le qualità del loro carattere’. C’è una
intolleranza che discrimina e una che fa
crescere. Luther King era chiaramente
intollerante verso forme di discrimina-
zione sociale con l’idea e la proposta di
includere e non di escludere.
Non tollerare, essere intolleranti, signifi-
ca non sopportare qualcosa che di per
sé potrebbe essere spiacevole o danno-
sa. Per questo l’intolleranza è anche
pratica sociale. Il grimaldello che apre le
porte a una idea di comunità inclusiva o
esclusiva, bella o brutta. Non è parola
cattiva. Dipende dal valore e dai signifi-
cati che diamo al sociale, a ciò che è
fondamento di una comunità, a ciò che
è bene comune. A chi pensiamo parte
della comunità. A come lavoriamo per
allargare la platea degli aventi diritti e il
confronto sui modi per dare a ognuno il
suo diritto.
Scrivo questo articolo il giorno della
Festa della Repubblica e non posso fare
a meno di pensare che noi tutti abbiamo
la bibbia laica per praticare forme di
intolleranza che generino bellezza per
tutti. E non solo per alcuni.
Essere intolleranti verso le bugie signifi-
ca praticare la verità. Farlo in pensieri, in
opere e non omissioni rende migliore la
vita di tanti. E la propria.
Immaginiamo se una comunità intera
fosse intollerante verso chi abusa del
territorio e di tutto ciò che è bene
comune. Avremmo città più belle e più
sostenibili. Immaginiamo se fossimo
intolleranti verso chi abusa dei suoi ruoli
e delle sue responsabilità per favorire
alcuni e sfavorire altri. Immaginiamo
quali forme di intolleranza ci sono dietro
parole come ‘l’Italia agli italiani ‘ e parole
o scrivo subito: c’è bellezza
ad essere intolleranti. O
meglio
c’è
possibilità,
praticando l’intolleranza, di
mettere in moto bellezza.
E il compito che mi do con questo
scritto è quello di riabilitare l’uso della
parola restituendola ad una dinamica
che ribalta il ribrezzo che avvertiamo
quando la sentiamo pronunciare da
alcuni, in consapevolezza che alcune,
riscrivo alcune, ‘intolleranze’ sono bene-
fiche per la comunità quando praticate
da molti. Ovviamente dipende. E sul
crinale della parola ‘dipende’, dipania-
mo i pensieri.
Essere intolleranti verso le barriere
architettoniche è, ad esempio, una di
quelle condizioni che riabilitano imme-
diatamente la parola intolleranza,
rendendola una pratica in grado di
generare meccanismi di civiltà. Ancora:
essere intolleranti verso chi incendia i
boschi, sporca la città buttandoci
cicche di sigarette o carte o riponendo
male e ovunque i rifiuti, chi sporca i muri
o lascia immondizia nelle campagne è
una pratica di intolleranza civica che
rende belle le città e le campagne, le
strade e il nostro vivere.
Essere intolleranti
verso le barriere
architettoniche è,
ad esempio, una di
quelle condizioni
che riabilitano
immediatamente
la parola
intolleranza.
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