Il Monastero - Il restauro - page 26

I secoli difficili
Verso la metà del ’500, ebbe inizio la decadenza della prepo-
situra di Villa Valle d'Acqua.
Le fonti d’archivio disponibili, pur nella loro frammen-
tarietà, permettono di risalire alle cause di questo declino, che
non interessò solo l’edificio chiesastico, ma si estese pure
all'organizzazione e all'attività della parrocchia.
Nei secc. XVI-XVII, le malattie endemiche, come la
peste
70
, le ricorrenti carestie
71
, il crollo di settori economici fon-
damentali come quello dell’allevamento del bestiame ovino
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provocarono a Valledacqua, un impoverimento generale della
popolazione, un forte movimento migratorio verso Ascoli e la
bassa Valle del Tronto e, male estremo, un vasto e violento ban-
ditismo
73
. Va pure ricordato che, in questo periodo, si estinse-
ro quasi tutte le famiglie, che avevano segnato la storia della
Valle nei secoli precedenti (i
Nobiles
di Monte Calvo, i
Guiderocchi, i Calvi, i Della Rocca, ecc.), mentre i pochi rami
ancora fiorenti dell’aristocrazia locale, i Ciucci ad esempio, si
trasferirono definitivamente ad Ascoli per essere ammessi a far
parte di quel ceto nobiliare locale, che monopolizzava con note-
voli vantaggi personali il governo e l’amministrazione centrale e
periferica dello Stato ascolano
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. Questo brusco ridimensiona-
mento demografico e socio-economico condizionò negativa-
mente anche la vita della prepositura di San Benedetto, la quale
dovette affrontare inediti e gravi problemi. Innanzitutto, i
decenni di carestia e di precarietà ridussero drasticamente le
vive entrate patrimoniali, incidendo in modo negativo anche
sul suo sistema beneficiale, che incominciò a mostrare gravi
carenze (ad esempio, la non residenza del rettore). Inoltre, il
calo demografico e il generale impoverimento della comunità
parrocchiale, su cui gravavano la parziale manutenzione degli
edifici della chiesa e l’onere di contribuire al migliore funziona-
mento della parrocchia, accentuarono la sua già vacillante situa-
zione economica, evidenziata – ad esempio – con significative
sottolineature dal vescovo Niccolò Aragona negli atti della sua
visita pastorale del 23 luglio 1580
75
.
Nella relazione della visita effettuata il 29 agosto 1573,
mons. Giovan Battista Maremonti, vescovo uticense, annotò
che la comunità parrocchiale si era ridotta a sole trenta fami-
glie e a circa cento comunicabili e che l’edificio di culto sem-
brava più una stalla che una chiesa per le condizioni di estre-
mo degrado del tetto, del pavimento e delle pareti
76
.
Se confrontiamo la relazione di Maremonti con quelle dei
vescovi Berneri, Fadulfi, Marana, ecc. si ha la netta sensazione
che la situazione non mutò nei decenni successivi. Anzi, la let-
tura di quei documenti spinge a credere che, nonostante la
minaccia di sanzioni spirituali e materiali, i decreti dei visitatori
restarono quasi sempre senza effetto. E questo anche se, in base
allo
ius onerosum
dei diritti di patronato, la famiglia Sgariglia
finanziò spesso importanti lavori nella chiesa e nella canonica,
facendo pure dipingere un nuovo quadro per l’altare maggiore,
i santi Benedetto abate e martire che adorano il Crocifisso.
Un quadro completo delle condizioni dell’edificio
ecclesiastico e della consistenza patrimoniale della prepositura
al momento del tramonto dell’
ancien régime
è fornito
dall’
Inventario di tutti i Beni, mobili, stabili, frutti e ragioni di
qualsivoglia sorte della Chiesa Parrocchiale di San Benedetto di
Valle d’Acqua de Jure patronato della Nobilissima famiglia
Sgariglia d’Ascoli fatto dal Rettore Nicola Sofia sotto il dì primo
Aprile 1796
77
.
Da esso risulta che la chiesa, la quale confinava con la
canonica, la casa colonica, il fosso Valle d’Acqua, aveva un solo
altare maggiore ‘con la Mensa costrutta di stucchi mesti a pit-
tura, le scalinate di legno tutte dipinte attorno al Quadro in
cui vi è espresso San Benedetto vestito con nera Cocolla e San
Benedetto in abito di Soldato, ambedue pregano il Santissimo
Crocifisso. Due porte laterali mettono dietro l’altare dove si
osserva un semiciclo in forme di Coretto’. Dopo aver elencate
le reliquie di sette martiri e il ‘Reliquiario di legno dorato con
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