Itaca n. 15

5 Perché è fragile la speranza? È fragile la speranza quando non vive del presente, ma vive del futuro che ancora non c’è, e tuttavia questa sua fragilità, è fonte di riflessione. Voglio leggervi le sfolgoranti parole di Blaise Pascal, in proposito: «Non pensiamo quasi mai al presente, o se ci pensiamo è solo per prendere la luce da cui predisporre l’avvenire. Il passato e il presente sono i nostri mezzi, solo l’avvenire è il nostro fine. Così noi non viviamo ma speriamo di vivere, e preparandoci sempre ad essere felici, inevitabilmente non lo siamo mai». Quando speriamo, quando in noi nasce la speranza, ne avvertiamo la fragilità, la vulnerabilità, l’apparente inconsistenza, e nondimeno la speranza ha una sua durata, e una sua tenuta psicologica e umana che sono in flagrante contraddizione con la sua fragilità. Conoscere, o almeno cercare di conoscere, gli andamenti della speranza, delle sue fragilità nel contesto della vita, è senz’altro utile per seguirne le ricadute. La speranza è certamente fragile, si frantuma facilmente dinnanzi agli avvenimenti dolorosi della vita, ed è necessario riconoscerla, e cercare di salvaguardarla, perché nella sua trascendenza ci rimette in continua relazione con il mondo delle persone e delle cose. Le sue eclissi si accompagnano ai naufragi che ciascuno vive, alle notti oscure dell’anima con le loro angosce e lacerazioni. Non dimentichiamo mai di ricercarle e di comprenderle, perché nascondono sconfinati orizzonti di senso. L’amicizia è un aiuto alla speranza? Anche nell’amicizia troviamo le tracce della fragilità. Nella vita di ciascuno di noi infatti le cose cambiano. Le navi si allontanano e si fanno l’una estranea all’altra, e, benché non si sappia se questa lontananza sia temporanea o sia definitiva, questo significa che, anche in un’esperienza così bella e così luminosa, com’è quella dell’amicizia, ci siano tracce di fragilità. L’amicizia è una dimensione che spesso viene tanto banalizzata e contaminata dalle cose della vita di ogni giorno, eppure apre a un inesprimibile speranza. Lo dice con parole stupende Nietsche: «La nostra vita è troppo breve, troppo scarsa la nostra facoltà visiva per poter essere più che degli amici nel senso di quella nobile possibilità. E così vogliamo credere alla nostra amicizia stellare, anche se dovessimo essere terrestri nemici l’un l’altro». Ma voglio aggiungere un altro pensiero. L’amicizia ha in sé il significato di un dialogo infinito che continua anche quando non ci si vede, non ci si incontra e non ci si parla. Quando ci si rivede con una persona amica, si cancella il silenzio e si rimuove l’assenza: si ricostituisce il dialogo solo apparentemente perduto ma, in realtà, mai interrotto. Infatti il tempo interiore non si incrina, nonostante le intermittenze del tempo della clessidra. Il linguaggio del silenzio torna ad essere il linguaggio della parola. È un linguaggio dei volti che si riflette negli occhi e negli sguardi. Come si tiene viva l’amicizia? L’amicizia è certamente un dialogo, ma dialogo sia nel silenzio che nella parola. L’amicizia è corrente carsica che scorre nascosta tra persone amiche: lontane e vicine, assenti e presenti, e in ogni caso consapevoli che in qualsiasi momento, quando suona la campana della necessità, ci si può sentire e ci si può parlare, ci si può incontrare, annullando ogni distanza e ogni apparente indifferenza. L’amicizia, di fronte al dolore e alla tristezza, è zattera che ci consente di salvarci. In ogni amicizia rinasce una scintilla di comunione che non si spegne facilmente. L’amicizia, come ogni cosa essenziale della vita, può essere solo donata. Ma ci sono forme diverse di amicizia, mai statiche e immobili. Salgono e scendono, sulla scia di vicinanze e di lontananze impreviste, e anche delle vicende della vita. Come diceva sempre Nietzsche, ogni nave ha la sua meta e la sua rotta; ma ogni nave può richiamare intorno a sé altre navi: in un circolo di reciprocità e di solidarietà nel quale si riconosce, forse, l’essenza di un’amicizia aperta, e non chiusa. L’amicizia è una memoria interiorizzata capace di attualizzare in ogni momento il passato, ridandogli significati nuovi e creativi. Ma non si deve mai dimenticare che anche l’amicizia è fragile ed è esposta alle ferite della stanchezza, della noncuranza, della disattenzione, della preoccupazione, o delle influenze esterne non sempre riconoscibili nei loro aspetti perturbanti. Benché l’amicizia non sia così fragile come la gioia e la speranza, la gentilezza e la tenerezza, anche in lei si può nascondere il male di vivere che la ferisce. Amicizia è una forma di responsabilità? Conoscere se stessi e conoscere gli altri è un diverso modo di essere responsabili. Noi non siamo, o almeno non dovremmo mai essere, monadi dalle porte e dalle finestre chiuse, ma monadi aperte all’ascolto di noi stessi e degli altri, in una circolarità di esperienze che ci rendano consapevoli di quanta sia la nostra responsabilità nel determinare i modi di essere e di comportarsi come gli altri. La nostra capacità, o la nostra incapacità, nel riconoscere le emozioni, che sono in noi e negli altri, condiziona le nostre quotidiane relazioni di vita e le influenza profondamente. Non è ovviamente una responsabilità giuridica o formale, ma una responsabilità etica che ci consente di condividere il dolore e la gioia, la tristezza e la colpa, che sono in noi e negli altri e di evitare dolorose ferite dell’anima. Responsabilità è anche saper rivivere l’incontro con l’altro nella sua spontaneità e nelle sue speranze. Ma se noi, nella vita normale e non solo in psichiatria, non sappiamo uscire dal confine della nostra identità e ne rimaniamo prigionieri, nulla potremo capire dei modi di essere degli altri. L’identità, questo nostro essere gli stessi nel corso del tempo, non è ovviamente un’astrazione, ma noi non siamo sempre gli stessi, noi cambiamo sulla scia delle esperienze esteriori e interiori che la vita ci propone: noi diventiamo “altri” da quello che siamo stati nel passato dall’infanzia all’adolescenza, dall’adolescenza all’età adulta e da questa alla condizione anziana. Essere coscienti che noi siamo «altri» agli altri noi stessi e che la nostra identità è flui- da ci risulterà più facile passare dalla nostra vita a quella degli altri. Grazie ad Eugenio Borgna per questi spunti di riflessione regalati agli amici di Ama Aquilone e di Itaca. Umanità, saggezza, senso pratico e poesia stanno sempre legati in modo armonico nello sviluppo di pensieri di Borgna, che sono sempre pensieri verificati nell’esperienza quotidiana di psichiatra, che crede che la «follia sia una sorella sfumata della poesia». Grazie per aver accettato di condividerli. Amicizia, forma di amore Eugenio Borgna +

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