Spazio al Lavoro n. 5 del 2013

| 14 spazi o lavoro a l diritti e pari opportunità filctem-cgil elettrici spazi o lav r a l Da dove arriva la crisi industriale e quali sono le vere soluzioni M auro F ilingeri S entiamo spesso parlare di in- novazione, ricerca, e green economy …. ma analizziamo me- glio la crisi industriale … Nessuno mette in discussione che tali voci siano un modo per poter cercare di affrontare uno sviluppo di tale settore, ma, a mio parere, ciò non basterebbe e il motivo è semplice ma viene osteggiato e non affron- tato perché implicherebbe del- le scelte politiche differenti sia a livello nazionale che europeo. Il vero nodo che sta alla radice del- la crisi è il costo del lavoro legato al prezzo finale del bene vendu- to. Facciamo un banale esempio chiaro: se un bene viene venduto a 2 euro, se verrà prodotto in Ita- lia il ricavo complessivo sarà del 5% mentre se verrà prodotto in Cina, in India o in Serbia il rica- vo complessivo potrà essere del 15-20% (mettendo dentro costo del lavoro, tasse e finanziamenti pubblici); anche se in ogni caso si avrebbe un guadagno, secondo voi dove investirebbe un’ azienda privata? Volendo, chi produce tale bene in paesi più “convenienti” potrebbe abbassare il prezzo di vendita e vincere decisamente la concorrenza dell’ azienda italiana che, a questo punto, si troverebbe in chiara difficoltà. Per provare a risolvere tale problema vi sono di- verse strade: 1. abbassare gli stipendi (in potere d’ acquisto), diminuire i di- ritti e aumentare la flessibilità in modo tale che prima o poi possia- mo esser concorrenziali ai paesi emergenti (magari tra 20-30 anni aspettando che in tali paesi il co- sto del lavoro aumenti e vi siano più diritti!!??)…. intanto ci impo- veriamo e riduciamo il nostro be- nessere (lentamente sta accaden- do questo) 2. abbassare le tasse sia ai la- voratori dipendenti e alle impre- se ed aumentare i finanziamenti pubblici per ricerca e sviluppo che creino occupazione 3. tassare i beni prodotti nei paesi emergenti, all’ ingresso del mercato europeo, evitando una concorrenza “sleale” 4. statalizzare le grandi azien- de private (esempio l’ Ilva), dove i profitti non verrebbero solamente privatizzati ma socializzati (stia- mo facendo il contrario). Praticamente viene applicato solo il primo punto , e in parte il se- condo, con piccolissimi stanzia- menti in ricerca e sviluppo. Ciò non sta dando assolutamente ri- sultati ( più disoccupazione, meno potere d’ acquisto, più aziende che chiudono e/o spostano o per fallimenti o per maggiori profit- ti in altri paesi ). In tutto questo la riforma Fornero ha peggiorato ulteriormente la situazione. A mio modesto parere solo applicando il 2,il 3 e il 4 punto si può uscire realmente dalla crisi. Purtroppo si sta discutendo solo del 2° pun- to che comunque non bastereb- be. Bisogna pensare ad un’ idea diversa di sviluppo che metta al centro il lavoratore e non il profit- to, solo in questo modo potremmo immaginare un futuro migliore ….Utopia? Cominciamo a parlar- ne e forse un giorno riusciremo a cambiare strada. $ Violenza di genere: stop al femminicidio E cco di seguito i punti principali dell’intervento, pronunciato il 23 maggio, da Rosanna Rosi, Responsabile delle politiche di genere Cgil , nell’ambito dell’audit nazionale sulla violenza di genere, du- rante il quale la ministra Josefa Idem ha ascoltato le associazioni impegnate nel contrasto alla violenza di genere e alle discriminazio- ni sull’orientamento sessuale . L’incontro è avvenuto con un parterre vastissimo di associazioni e una presenza forte delle istituzioni (biparti- san), a cominciare dai presidenti del Senato, Pietro Grasso e della Ca- mera, Laura Boldrini e dal ministro della salute, Beatrice Lorenzin . 1. Bisogna intervenire sulla rappresentazione pubblica del corpo delle donne nei media e nella pubblicità con particolare attenzione al linguaggio anche nella descrizione dei femminicidi quando si parla ad esempio di “attacco di gelosia”, “raptus”, “troppo amore” ecc, linguaggi e descrizioni che rischiano di diventare assuefazione, e la violenza o la morte quasi un prezzo da pagare nella sfera familiare e sentimentale. 2. I centri antiviolenza sono luoghi per noi di interesse generale oltre ad avere una funzione importante contro la violenza e di so- stegno alle donne quindi vanno finanziati adeguatamente e in modo costante. E’ necessario e urgente partire da queste poche misure che vanno nella direzione di prevenire il fenomeno, tralasciando tutto ciò che riguarda il contrasto alla violenza in sé anche in termini punitivi (perché il tempo è poco) e su questo punto viene da dire che nonostan- te assunzioni di responsabilità, di principi fondamentali, convenzioni, trattati,raccomandazioni, leggi, nel nostro paese i femminicidi non sono diminuiti ma sono, a differenza di altri gravi reati o degli omicidi, un dato stabile nel tempo, in un lungo tempo. 3. Dal nostro punto di vista di organizzazione sindacale vogliamo porre all’attenzione di tutte e di tutti il legame che c’è tra violen- za sulle donne e lavoro in due punti: Il primo riguarda il lavoro dal punto di vista dell’occupazione femminile che raggiunge solo il 47% contro una media europea che si avvicina al 60%. Un dato allarmante non solo per le donne ma per tutto il paese come ci dicono le tante ricerche svolte da istituti diversi perché il lavoro delle donne significa crescita e il lavoro per le donne, quando parliamo di violenza, significa libertà. Per questo auspichiamo che nei provvedimenti del governo che riguardano la creazione di posti di lavoro per giovani e per donne ci siano azioni concrete e chiediamo un impegno in questo senso. Il lavoro del governo non può essere a compartimenti stagni, tutto si lega. Il se- condo punto riguarda la violenza contro le donne sul lavoro . Un feno- meno troppo spesso sottovalutato e poco indagato, ma molto più ampio di quanto si possa credere e nella crisi e in un mercato del lavoro che o esclude le donne o rende le lavoratrici sempre più precarie e deboli assume diverse forme compreso il ricatto sessuale come la richiesta, più o meno velata, di “disponibilità” a donne che devono essere assun- te o che devono mantenere il posto o che chiedono un avanzamento di carriera. Gli ultimi dati diffusi dall’Istat datati, ma la situazione nella crisi non può che essere peggiorata purtroppo ci dicono che sono più di 800.000 le donne nel corso della loro vita sono state vittime di “pressioni” , mezzo milione quelle a è stata chiesta una “disponibilità sessuale” al momento della ricerca del lavoro. Altra forma di ricatto “Le dimissioni in bianco”. Sappiamo dai dati Istat che nel 2008 – 2009 800.000 donne sono state costrette a lasciare il lavoro firmando di- missioni in bianco. Nonostante la riforma Fornero, che solo in parte tenta di arginare questo fenomeno aberrante, il fenomeno non si ferma. Quindi va rivista ripristinando a nostro avviso la legge 188/2007. 4. Per quanto riguarda il mobbing, poi, chi occupa una posizione di lavoro temporanea o precaria è il ritenuto soggetto ‘ideale’: è mag- giormente ricattabile (lo si può minacciare di licenziamento o trasfe- rimento) e difficilmente si ribellerà, proprio per non accentuare la sua posizione già instabile, ma anche chi ha un impiego a tempo parziale è più facilmente vittima del mobbing, in quanto trascorre meno tempo degli altri sul luogo di lavoro e ciò viene sfruttato a suo svantaggio. E i soggetti si trovano in queste condizioni oggi sono per lo più le donne che sono impiegate in lavori di bassa qualifica nonostante spesso un titolo di studio più elevato di quello dei colleghi maschi, che subisco- no par time involontari, contratti precari, quando va bene a tempo determinato, che hanno carriere più “deboli”, mentre il loro livello re- tributivo, in media, non raggiunge neppure il 75% di quello maschile. Altro dato impressionante: quasi nessuna delle vittime ha denunciato l’episodio alle forze dell’ordine e la motivazione più frequente è la “scarsa gravità dell’episodio” .Su questo fenomeno che ho voluto de- scrivere perché se ne parla poco è chiaro che l’impegno deve essere nostro, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni datoriali . Per prevenire e contrastare la violenza contro le donne l’impegno deve essere di tutti: del Governo, delle istituzioni, delle associa- zioni datoriali e nostro perché crediamo che quando le donne sono sottomesse e schiavizzate al volere di una società che calpesta le loro intelligenze, le loro competenze, le loro qualità, si tratta di una società sconfitta nelle sue maglie più importanti. di K atya F oletto

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