Congresso XIX documento 2

Definitivo – Direttivo CGIL, 20 giugno 2022 5 lavoratrici, attraverso un maggior contributo a carico delle imprese. L’indennità di disoccupazione deve essere sostenuta dallo Stato, aperta a chiunque cerchi lavoro senza vincoli di età o condizione, mantenuta costante nel tempo, accompagnata con politiche attive di formazione e qualificazione senza obblighi che spingano ad accettare impieghi squalificati o sottopagati. Al di là di ciò, a carico della fiscalità generale ci deve essere uno strumento universale di contrasto alla povertà, cioè un reddito di base, senza vincoli, che comprenda, oltre al sostegno economico, politiche di inclusione e sostegno sociale. 3.2 Tuteliamo il nuovo lavoro Bisogna regolare le nuove forme di lavoro. I cambiamenti vanno accompagnati, anzi anticipati, senza però mai perdere di vista tutele e diritti: troppo spesso l'innovazione si è tradotta in “nuovo lavoro con vecchio sfruttamento”, a volte anche più invasivo a causa del digitale, che può rendere meno controllabile la prestazione, l'orario e l'organizzazione del lavoro. Questo sta avvenendo anche nei settori più tradizionali: in fabbrica o nella logistica con la digitalizzazione di linee e mansioni; nei lavori impiegatizi e pubblici con le diverse forme di lavoro agile o da remoto (smartworking). Tali processi, in particolare lo smartworking, sono stati accelerati dalla crisi e sono esplosi durante la pandemia, in un'ottica emergenziale. Ora si stanno strutturando in molti settori. Le nuove modalità e forme di lavoro, oggi consentite dalla tecnologia, da infrastrutture digitali diffuse e dall’uso di massa, potrebbero essere occasione per i lavoratori e le lavoratrici di riduzione della fatica, maggiore autonomia, autogestione di tempi e prassi lavorative, riduzione di orario, conquista di spazi di vita. In generale, potrebbero essere una occasione di riduzione del traffico, dell’inquinamento e di diversa gestione dei tempi e degli spazi delle città. Finiscono, però, molto più spesso, per essere terreno di diminuzione dell’occupazione, esternalizzazioni, perdita di salario, individualizzazione del rapporto di lavoro e rischio di isolamento, allargamento a dismisura di reperibilità sui tempi aziendali, moltiplicazione del controllo (anche tecnologico) sulla prestazione, uso padronale dei tempi di vita. Per tanti/e, in particolare per le donne, l’uso massivo dello smartworking nell’emergenza ha avuto queste caratteristiche. Per molte imprese e anche servizi pubblici è stata invece una occasione di riduzione strutturale dei costi e incremento dello sfruttamento. Queste diverse modalità e forme di lavoro devono essere pienamente contrattate, sia nel pubblico che nel privato, garantendo occupazione, tutele, diritti e salari. Il lavoro agile e da remoto (smartworking) deve essere una scelta libera e reversibile, i costi di connessione, di illuminazione e di riscaldamento non devono ricadere sui lavoratori e sulle lavoratrici, devono essere confermate (o sostituite) tutte le forme di indennità e salario accessorio, garantite le norme di sicurezza, gli spazi e l'ergonomia delle postazione, tutelati i diritti sindacali e contrastato il rischio di isolamento, garantiti precisi limiti ai tempi di lavoro e reso esigibile il diritto alle disconnessione. In generale, l’incremento di produttività e i minori costi collegati alle applicazioni di tecnologie informatiche e digitali devono essere immediatamente tradotti in aumento della qualità del lavoro, riduzione dell’orario e quindi aumento dell'occupazione. L'innovazione digitale sta determinando anche un controllo sempre più invasivo sui lavoratori e sulle lavoratrici. I big data, raccolti all’interno e all’esterno dei processi di lavoro, consentono ai datori di lavoro una conoscenza pervasiva e incontrollata di abitudini, stato di salute, esigenze economiche, legami sociali, idee politiche di chi lavora o cerca lavoro, alimentando nuove discriminazioni e perpetrando quelle di sempre, compresa quella di genere. La Cgil deve essere parte attiva di questa discussione e lanciare una campagna informativa e di mobilitazione affinché il tema sia regolato da norme specifiche, a tutela della privacy, ma ancora prima contro ogni discriminazione, controllo e limitazione della libertà, individuale e sindacale. 3.3 Una legge contro licenziamenti e delocalizzazioni Deve essere rivendicata una vera legge contro le delocalizzazioni. Lo sblocco dei licenziamenti a luglio 2021 è stata una resa senza condizioni, subìta con la firma su una “presa d’atto”, che ratificava un impegno generico e non vincolante delle imprese, in cambio della promessa mai mantenuta di una riforma sugli ammortizzatori e senza un piano per i settori a rischio, come l’automotive. Sono decine le aziende che

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