Congresso XIX documento 1

una sinergia delle grandi aziende pubbliche e/o partecipate affinché finalizzino e orientino gli investimenti nel nostro paese nelle filiere innovative. E’ necessario rafforzare l’intersettorialità tra le filiere e assumere l’economia circolare come nuovo modello di produzione e di consumo finalizzato alla “condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti”, oltre ad aggredire il nanismo, la sottocapitalizzazione, la scarsa propensione agli investimenti in innovazione, sostenibilità e qualità del vasto tessuto di piccole e piccolissime imprese che caratterizzano il nostro Paese, molto di più che nel resto dell’Europa. Anche l’Unione Europea deve fare un salto di qualità e passare dalla strategia delle alleanze (batterie, idrogeno) a una strutturata programmazione e coordinamento finalizzato alla costruzione di un sistema di politiche industriali. I poteri sin qui esercitati - esclusivi nella regolazione della concorrenza ad esempio per antitrust e commercio, sono troppo condizionati da una visione mercatista piuttosto che sistemica. A questo proposito il DDL Concorrenza sembra ripercorrere questa strada estendendola anche ai servizi pubblici locali e tentando uno stravolgimento del loro modello così come si sono sviluppati nel nostro paese. Il ruolo della conoscenza e della scienza è e sarà centrale nelle grandi trasformazioni, come lo è stata nel contrasto alla pandemia. Per questo chiediamo una seria revisione della normativa sulla proprietà intellettuale e del rapporto tra ricerca pubblica e mercato in particolare nei settori strategici e fondamentali. L’Unione Europea deve rafforzare i processi di condivisione delle strutture di ricerca per arrivare a costruire una agenzia europea per la scienza. Il Mezzogiorno è l’area nella quale rischiano di scaricarsi le contraddizioni delle transizioni e della progressiva desertificazione. Infatti, in virtù della presenza storica di filiere originate dalla “economia fossile”, rischia di divenire il luogo delle dismissioni e delle delocalizzazioni. La transizione, dunque, è un processo che in particolare nel Mezzogiorno dovrà prevedere una massiccia mole di investimenti, pubblici e privati. Al tempo stesso, proprio per ragioni climatiche, il Mezzogiorno deve diventare l’area in cui prevedere la parte più importante degli investimenti nelle energie rinnovabili. Una politica di contrasto alle delocalizzazioni, nel Mezzogiorno e nel resto del paese, deve fare leva su strumenti, di filiera e territoriali, in grado rinnovare le ragioni di importanti presenze, senza le quali si rischia di perdere le pre-condizioni di un paese industriale e manifatturiero. Razionalizzazione e potenziamento degli strumenti per crisi aziendali e aree di crisi Va superato il ruolo meramente amministrativo burocratico del Mise e di Invitalia, introducendo strumenti di politica industriale in stretto rapporto con gli altri Ministeri nella definizione della programmazione territoriale industriale in tutti i suoi aspetti (produttiva, energetica, logistica, infrastrutturale, strutturale, ambientale, digitale, di ricerca e sviluppo, territoriale) e di tutti gli iter amministrativi necessari supportando le amministrazioni locali. Inoltre questi strumenti andranno coordinati con quanto messo in campo attraverso la programmazione delle politiche di coesione in termini di strategie territoriali del ciclo programmatorio 2021-2027, di rilancio delle Zone Economiche Speciali al Sud e di un uso integrato di strumenti finalizzati allo sviluppo (Accordi di Programma, Contratti di Sviluppo istituzionali, etc.). Energia, reti digitali, acqua come infrastrutture strategiche per lo sviluppo e la cittadinanza Il nuovo modello energetico e le infrastrutture digitali sono le frontiere di un nuovo processo di trasformazione. In questo senso i ritardi registrati delle gare per lo sviluppo delle reti a fibra ottica, gli esiti negativi riguardanti i bandi per il 5G nelle aree “a fallimento di mercato”, sono un campanello d’allarme sui limiti di una visione che, affidandosi al mercato, difficilmente sarà in grado di superare il digital divide che affligge le aree più svantaggiate nel nostro Paese. Sarebbe un errore non vedere come un nuovo modello di reti elettriche e la fibra ottica saranno le nuove condizioni della competitività di territori ed imprese, in Italia e nei mercati globali. 20

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