Itaca n. 18

16 a Costituzione italiana definisce la salute come un “fondamentale diritto dell’individuo”, ma anche come “interesse della collettività”: tutti i cittadini hanno, cioè, il diritto alla tutela della propria salute. I cittadini detenuti hanno lo stesso diritto, che non può essere in alcun modo compresso o abbandonato alla discrezionalità di alcuno. È a partire dalla definizione di lettura in quanto cura che, in tutto il mondo, si moltiplicano le iniziative per veicolare una presenza più consistente dei libri nelle carceri. Biblioteche e bookclub si alternano a gruppi di lettura ad alta voce, persino nelle strutture di massima sicurezza, a tal punto che è ormai riconosciuto come leggere sia uno strumento pedagogico e di trasformazione sociale, non solo per i detenuti, ma anche per coloro che vanno in prigione come facilitatori. Un reportage del “Guardian” di qualche anno fa rese nota a tutto il Regno Unito una realtà sconosciuta, “scoprendo” che all’interno della prigione maschile HMP Thamside, nella periferia di Londra, ogni carcerato aveva la possibilità di passare almeno mezz’ora, due volte al mese, in biblioteca, a scegliere i libri da leggere, e che ogni settimana veniva organizzato anche un incontro del club del libro. Quello che fuori dalle sbarre era un luogo in cui regnava il silenzio, in carcere diventava luogo di socializzazione per unire persone che, se non fossero state confinate nello stesso spazio, avrebbero avuto poco in comune. L Libertà va cercando leggere in carcere C A R C E R E E S T O R I E Liberarsi attraverso la cultura, letteralmente oltre che letterariamente è, invece, l’obiettivo di un programma di recupero, sperimentato nel 2012 in alcuni Stati del Brasile. Il “Reembolso através da leitura” prevede uno scambio tra la persona detenuta e l’amministrazione penitenziaria: la lettura di un libro per quattro giorni di sconto della pena, fino ad un totale di quarantotto giorni in un anno. Così, per quanto gran parte dei detenuti non disponesse delle basilari abilità linguistiche, gli operatori hanno potuto osservare che, nelle ore vuote ed interminabili, in molti prendessero in mano un libro, decidendo di addentrarsi nella storia che raccontava, oppure che fossero invogliati a partecipare ad un laboratorio di lettura: sempre meglio che starsene sdraiato su un letto strettissimo. Ma quali libri scelgono i detenuti? Come cominciano a leggere ed in che modo pensano che la lettura possa essere utile alla loro vita quotidiana? Le testimonianze raccolte dal gruppo di volontari che regala libri nel Carcere di San Vittore sono piuttosto significative. Per chi si trova in prigione, le preoccupazioni o i pensieri assillanti al processo sono predominanti, ma molti detenuti non sanno che la lettura può allentare queste tensioni ed aiutarli a pensare meglio, perché non hanno mai provato. C’è chi ritiene che leggere sia qualcosa di assolutamente inutile, sia perché in carcere non riesce a concentrarsi, sia perché associa i libri alla noia o al dovere della scuola. C’è chi, invece, dall’amore per la lettura resta contagiato: ad esempio, se in cella c’è uno simpatico che legge, anche un altro comincia a desiderare di leggere, magari proprio lo stesso libro del suo compagno. Ad attirare di più sono le “storie vere”, ma c’è chi si avvicina alla lettura attraverso una fiaba o un libro a fumetti, per passare il tempo o dimenticare, per capire che non si è soli a vivere la sofferenza, per imparare qualcosa. Ma, nonostante l’attività dell’associazionismo si sforzi di fornire uno stimolo progressista, nel nostro Paese, tanto radicato ad una certa retorica paternalistica quanto privo di una progettualità organica, il diritto dei detenuti alla lettura è tutt’oggi una concessione. In molti istituti penitenziari è vietato che i familiari di un carcerato introducano dall’esterno, oltre alla biancheria di ricambio, anche libri. A quelli rilegati viene strappata via la copertina rigida, per motivi di "sicurezza". Ogni detenuto può avere in cella al massimo due libri e solo come premio alla buona condotta. Le biblioteche delle carceri sono, per la maggior parte, composte da libri di scarto, molti dei quali giacciono impolverati e non catalogati. Pochi i libri recenti, i classici non sono messi in evidenza, mancano pubblicazioni in lingua e la circolazione delle riviste è in molti casi irrilevante. Che leggere libri renda migliori è vero per gran parte delle persone, ma può anche non esserlo. Quello che conta è che la lettura sia riconosciuta come un’attività ormai connaturata alla persona, soprattutto nel luogo in cui questa è privata della libertà. Perché i libri, i giornali, la tv, la radio o Internet sono, ciascuno a suo modo, l’unica “realtà” che permette ad un detenuto di sentirsi al mondo.

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