Itaca n. 17

14 Io, cioè te storia imperfetta di un riflesso Ama Festival Alessandra Morelli Quando nel 1937 Wolfgang Reitherman fu chiamato ad animare lo Specchio magico per il film Biancaneve e i sette nani, si trovò inizialmente in grande difficoltà. La testa del personaggio non si muoveva, non aveva pupille e gli effetti del fumo che apparivano nelle scene lo rendevano asimmetrico: per dargli espressività, Reitherman non poteva che animarne soltanto gli occhi e la bocca. E ci volle più di un tentativo, perché sia lui che il produttore Disney fossero soddisfatti del risultato. Dare rappresentazione ad uno specchio: Reithermann aveva fatto per il grande pubblico ciò che da secoli si tesse attorno ad un oggetto quotidiano che “serve a guardare”, specere, e che per le sue caratteristiche non ha mai smesso di colpire l’immaginario umano. Tra tutte, la capacità di incarnare qualcosa ed il suo esatto contrario, un universo alternativo ed un mondo al rovescio, la decadenza e la vanità, l’Eterno ed il fugace, la conoscenza e la divinazione, il simile ed il dissimile, l’illusione in cui precipita Narciso, che uccide Medusa e da cui Dioniso sempre rinasce. Una riflessione su ciò che riflette. Allo specchio ci si perde e ci si riconosce, ci si duplica in un’immagine “che torna indietro”, re-flectere, un riflesso che gli antichi credevano essere stato generato anche da una singola goccia, dall’aria o dalla luna. Strumento in grado di accendere un fuoco e di polverizzare le navi nemiche, è anche una delle mirabilia racchiuse all’interno di cofanetti da cui sbirciare le immagini di piccoli oggetti moltiplicarsi all’infinito, o di cui la corte francese è sontuosamente tappezzata, per educare a quelle “buone maniere” che all’essere anteponevano l’apparire. Elliot Erwitt, Californian kiss, 1955

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