Il Monastero - Il restauro

I secoli difficili Verso la metà del ’500, ebbe inizio la decadenza della prepo- situra di Villa Valle d'Acqua. Le fonti d’archivio disponibili, pur nella loro frammen- tarietà, permettono di risalire alle cause di questo declino, che non interessò solo l’edificio chiesastico, ma si estese pure all'organizzazione e all'attività della parrocchia. Nei secc. XVI-XVII, le malattie endemiche, come la peste 70 , le ricorrenti carestie 71 , il crollo di settori economici fon- damentali come quello dell’allevamento del bestiame ovino 72 provocarono a Valledacqua, un impoverimento generale della popolazione, un forte movimento migratorio verso Ascoli e la bassa Valle del Tronto e, male estremo, un vasto e violento ban- ditismo 73 . Va pure ricordato che, in questo periodo, si estinse- ro quasi tutte le famiglie, che avevano segnato la storia della Valle nei secoli precedenti (i Nobiles di Monte Calvo, i Guiderocchi, i Calvi, i Della Rocca, ecc.), mentre i pochi rami ancora fiorenti dell’aristocrazia locale, i Ciucci ad esempio, si trasferirono definitivamente ad Ascoli per essere ammessi a far parte di quel ceto nobiliare locale, che monopolizzava con note- voli vantaggi personali il governo e l’amministrazione centrale e periferica dello Stato ascolano 74 . Questo brusco ridimensiona- mento demografico e socio-economico condizionò negativa- mente anche la vita della prepositura di San Benedetto, la quale dovette affrontare inediti e gravi problemi. Innanzitutto, i decenni di carestia e di precarietà ridussero drasticamente le vive entrate patrimoniali, incidendo in modo negativo anche sul suo sistema beneficiale, che incominciò a mostrare gravi carenze (ad esempio, la non residenza del rettore). Inoltre, il calo demografico e il generale impoverimento della comunità parrocchiale, su cui gravavano la parziale manutenzione degli edifici della chiesa e l’onere di contribuire al migliore funziona- mento della parrocchia, accentuarono la sua già vacillante situa- zione economica, evidenziata – ad esempio – con significative sottolineature dal vescovo Niccolò Aragona negli atti della sua visita pastorale del 23 luglio 1580 75 . Nella relazione della visita effettuata il 29 agosto 1573, mons. Giovan Battista Maremonti, vescovo uticense, annotò che la comunità parrocchiale si era ridotta a sole trenta fami- glie e a circa cento comunicabili e che l’edificio di culto sem- brava più una stalla che una chiesa per le condizioni di estre- mo degrado del tetto, del pavimento e delle pareti 76 . Se confrontiamo la relazione di Maremonti con quelle dei vescovi Berneri, Fadulfi, Marana, ecc. si ha la netta sensazione che la situazione non mutò nei decenni successivi. Anzi, la let- tura di quei documenti spinge a credere che, nonostante la minaccia di sanzioni spirituali e materiali, i decreti dei visitatori restarono quasi sempre senza effetto. E questo anche se, in base allo ius onerosum dei diritti di patronato, la famiglia Sgariglia finanziò spesso importanti lavori nella chiesa e nella canonica, facendo pure dipingere un nuovo quadro per l’altare maggiore, i santi Benedetto abate e martire che adorano il Crocifisso. Un quadro completo delle condizioni dell’edificio ecclesiastico e della consistenza patrimoniale della prepositura al momento del tramonto dell’ ancien régime è fornito dall’ Inventario di tutti i Beni, mobili, stabili, frutti e ragioni di qualsivoglia sorte della Chiesa Parrocchiale di San Benedetto di Valle d’Acqua de Jure patronato della Nobilissima famiglia Sgariglia d’Ascoli fatto dal Rettore Nicola Sofia sotto il dì primo Aprile 1796 77 . Da esso risulta che la chiesa, la quale confinava con la canonica, la casa colonica, il fosso Valle d’Acqua, aveva un solo altare maggiore ‘con la Mensa costrutta di stucchi mesti a pit- tura, le scalinate di legno tutte dipinte attorno al Quadro in cui vi è espresso San Benedetto vestito con nera Cocolla e San Benedetto in abito di Soldato, ambedue pregano il Santissimo Crocifisso. Due porte laterali mettono dietro l’altare dove si osserva un semiciclo in forme di Coretto’. Dopo aver elencate le reliquie di sette martiri e il ‘Reliquiario di legno dorato con 26

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