Lavoro e diritti in Valle d'Aosta

A peggiorare la situazione dell'agricoltura valdostana, già compromessa per i motivi sopra illustrati, concorre il fallimento delle due banche valdostane (Banque Réan e Crédit Valdôtain) nelle cui casse era depositato gran parte del risparmio del ceto medio e dei contadini valdostani. Il fallimento delle due banche rappresentò un duro colpo per il risparmio dei valdostani e le rimesse degli emigrati, che vi avevano depositato il proprio denaro. La particolare struttura agricola valdostana, consistente in gran parte nella piccola proprietà contadina, è collegata ad una pressoché generale mancanza di reddito fisso da lavoro dipendente: in queste condizioni la banca era sempre stata considerata il luogo più sicuro per conservare i limitati proventi della attività agricola di ogni anno, da cui attingere all'inizio della stagione successiva per l'acquisto degli attrezzi e delle sementi necessari per la riproduzione delle colture. Tutta la liquidità che sarebbe dovuta servire per l'avvio di piccole attività imprenditoriali o agricole, che rappresentavano l'unica alternativa all'emigrazione, viene inghiottita dal fallimento: così si decide di emigrare per poter continuare a sperare in una vita decente e in un futuro migliore. A spopolarsi sono all’inizio i comuni di alta montagna poi è la media montagna a vedere partire le sue forze migliori e a svuotarsi nel giro di qualche decennio. Nello stesso periodo in Valle si assiste all’arrivo di migliaia di lavoratori, a volte accompagnati dalle loro famiglie, provenienti da altre regioni italiane che riempiono i vuoti lasciati dagli emigranti. Sostituiscono nel numero questi ultimi, ma non vengono a prenderne il posto in quanto si installano nella valle centrale e vanno a costituire la manodopera più o meno qualificata di cui l’industria nascente ha necessità. Il saldo migratorio nel periodo 1912 – 1921 risulta positivo, il numero di immigrati, dunque, non solo copre quello degli emigrati, ma lo supera di ben 2.100 unità. Si tratta per la maggior parte di manodopera che gli imprenditori portano dalle regioni dalle quali essi stessi provengono, non a caso la Brambilla di Verrès inizia la sua produzione con personale femminile lombardo, così come ancora lombarde sono le maestranze della Soie di Châtillon e della SIP-Breda che costruisce la diga del Gabiet e le centrali collegate. Da Massa Carrara provengono poi i tagliatori di pietra che sfruttano le cave di Chambave, Saint-Denis, Verrayes, Champdepraz, Issogne e Arnad. La stessa Ansaldo si appoggia a personale proveniente da Marche, Umbria e Liguria e che porta in Valle l’esperienza nella lavorazione metallurgica acquisita nelle industrie di Terni e Cornigliano. È poi presente un nucleo di veneti rifugiatisi in Valle in cerca di lavoro e casa durante la Prima Guerra mondiale, quando i loro territori sono stati teatro degli scontri sanguinosi tra italiani ed austriaci, e che alla fine delle ostilità sono rimasti sul suolo valdostano. Tra il 1922 e il 1936, una crisi economica coinvolge diversi paesi e anche il piccolo mondo industriale valdostano ne subisce i contraccolpi e riduce il suo personale; la stessa Francia adotta provvedimenti per frenare l’arrivo di nuovi lavoratori sul suo territorio. Nonostante questi rilevanti ostacoli, il flusso di persone che abbandonano la Valle o vi arrivano si trasforma, rallenta ma non scompare. È ora però l’emigrazione a farla da padrona e a superare di 2.614 unità gli arrivi. Passato il momento di crisi ed a causa anche delle leggi imposte dal regime fascista tese a limitare fortemente l’emigrazione 1 , la situazione vede l’inversione dei ruoli e gli immigrati superano, tra il 1936 ed il 1951, di ben 6.334 unità le partenze. Se gli arrivi da diverse regioni d’Italia sono ancora presenti, è ora il flusso migratorio proveniente dal Veneto a diventare predominante e viene a soddisfare il bisogno di manodopera dell’industria bellica in continua espansione e del suo indotto, un flusso che coinvolge i comuni di Lonigo, Gambellara, Asigliano, Pressana, Cologna Veneta, Arcole, Rovolon, Cittadella, Cervarese Santa Croce, posti a cavallo tra le province di Vicenza, Verona, Padova. Negli ultimi anni poi si rafforzano gli arrivi dal sud dell’Italia a rappresentare una manodopera legata al settore delle costruzioni, ma che non disdegna il lavoro di fabbrica. I dati contenuti nel censimento del 1951 riguardanti i luoghi di nascita della popolazione residente in Valle permettono di meglio definire quanto è successo (Vedansi tabelle allegate) . La peculiarità della trasformazione del tessuto economico e, come si è visto, della struttura demografica e di classe in Valle d'Aosta, che si realizza a partire dalla fine dell’Ottocento, e raggiunge il suo apice durante il ventennio fascista, sta nel fatto che non si assiste semplicemente agli effetti di un naturale sviluppo economico in una società in via di modernizzazione, con il trasferimento di manodopera precedentemente occupata nell'agricoltura verso i settori dell'industria e del terziario. Nel caso valdostano la trasformazione si attua invece 64 ]

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