Lavoro e diritti in Valle d'Aosta
mentre la superficie media per addetto non superava i 2,6 ettari. Se poi nel 1929 il terreno coltivato raggiunge 11.006 ettari, nel 1962 scende a 6.915; la punta massima del declino riguarda la coltivazione dei cereali, dagli 8.000 ettari dell'inizio del secolo, ai 5.830 del 1929, ai 3.905 del 1951. I motivi di tale declino sono facilmente spiegabili. La politica economica condotta dai Governi italiani succedutisi dopo l’unificazione dell’Italia, concretizzatasi prima con il Liberismo della destra e dopo il 1876 nel protezionismo della sinistra, porta l'economia italiana, nella prima fase, alla crisi del settore industriale, incapace di reggere la concorrenza straniera, nella seconda, ad una recessione dell'agricoltura che viene privata di sbocchi sul mercato estero. Il declino agricolo è quindi un processo inevitabile all'interno di una società in fase di industrializzazione, come era l'Italia a cavallo dei due secoli. La politica economica del fascismo contribuisce all'aggravarsi del fenomeno, colpendo in particolare la piccola e media proprietà contadina, a tutto vantaggio del latifondo e della grande industria. Gli effetti di queste politiche si manifestano in maniera devastante sull'agricoltura valdostana, già carente di per sé per cause congenite e storiche, quali la scarsa produttività e l'eccessivo frazionamento della proprietà, e determinano: 1) il crollo del reddito prodotto in agricoltura; 2) il crollo dell'occupazione nel settore; 3) la formazione di una vasta area di emarginazione il cui sbocco principale è l'emigrazione. Anche i settori meno colpiti dalla crisi, come l'allevamento, subiscono un lento ma costante declino: tra il 1929 ed il 1930, il valore complessivo della produzione del settore diminuisce di circa il 20%, sia per la diminuzione del valore commerciale di tutte le specie animali, sia per la loro diminuzione quantitativa che colpisce particolarmente le specie meno produttive, come quelle ovina e caprina. Ad infierire ulteriormente su una situazione già estremamente grave si inserisce l’eccessivo fiscalismo indotto dal regime fascista. L'agricoltura valdostana, per ragioni geografiche e geologiche meno produttiva di quella del resto del Paese, estremamente frazionata nella proprietà e gestita in modo non specialistico, viene a trovarsi particolarmente esposta ad un sistema di tassazioni che, essendo indifferenziato, non tiene conto delle sue peculiarità. Ad esempio, la tassa sui mulini e sul macinato grava in modo più pesante sulle macine situate in zone montane, parzialmente inattive durante l'anno, così come sono indifferentemente tassate le diverse attività del contadino che, per motivi contingenti, non può lavorare la terra a tempo pieno. Un altro esempio della iniquità del sistema di tassazione è dato dalla analisi della media delle imposte sul reddito catastale dei terreni nel periodo 1925/1930 nei comuni di Valsavarenche e Cogne: tale imposta raggiunge rispettivamente il 26 e il 31% del reddito reale. Per tutta l'alta Valle il reddito catastale imponibile ammonta, (i dati si riferiscono al 1925) a £. 486.975, pari a £. 6,67 per ettaro produttivo. Le imposte e sovraimposte ammontano a £. 325.866, pari a £. 4,46 per ettaro produttivo, con una media annua di £. 21,87 per abitante residente. La sperequazione di questo sistema di imposizione fiscale è confermata dal rapporto con altre zone produttive a maggior reddito: nella media e bassa Valle, il totale del reddito catastale imponibile è di £. 1.135.045, pari a £. 17,64 per ettaro produttivo; l'imposizione è di £. 548.040, pari a 8,52 lire per ettaro produttivo, con una media annua di £. 12,41 per abitante. Nelle altre zone, la tassazione più elevata rispetto agli abitanti, riguarda la Valpelline con una media pro capite di £. 25,31, mentre ugualmente elevata è la tassazione pro capite nella Valtournenche, £. 18,01. Queste cifre rendono evidente come siano soprattutto le zone di montagna a basso reddito a sopportare il maggior peso fiscale. [ 63 Luigi Giunta, coordinatore del Centro Educazione Adulti (150 ore) dal 1987 al 2002, giornalista-pubblicista e direttore di periodici della CGIL Valle d’Aosta. Angelo Quarello, insegnante, ricercatore per l’Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea in Valle d’Aosta.
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