Lavoro e diritti in Valle d'Aosta
Bernardo (1905), Courmayeur (1910), Saint-Nicolas (1914), Ayas (1922). Il numero degli alberghi, 35 in tutta la regione nel 1876, è più che raddoppiato nel 1919, per raggiungere i 160 nel 1936. Incomincia così a costruirsi l’oleografia turistica della Valle, che i dépliant e le guide illustrate ancora offrono ai nostri giorni (Cuaz, 1994). Quelle immagini, a loro volta, più dei programmi economici e dei piani urbanistici si mostreranno alla lunga determinanti nel generare e nell’orientare la trasformazione del territorio regionale. Con la promozione del turismo e lo sviluppo di una cultura dell’autonomia le élite locali reagiscono, in breve, alla crisi politica ed economica post-risorgimentale: “Essere valdostani significò, dopo il 1860, parlare francese, appartenere a un popolo di montanari e coltivare l’orgoglio di una storia di autogoverno e di libertà” (Cuaz, 1995, p. 342). All’infiammarsi di tali sentimenti contribuiscono l’incomprensione e, talora, l’autentica volontà di soggezione da parte dei governanti nazionali; atteggiamenti in ogni caso recepiti localmente in chiave egemonica, quale dichiarato tentativo di “espropriazione”. Sotto questo profilo, l’oggettiva rilevanza di un’economia mineraria e metallurgica in Valle d’Aosta merita di essere sottolineata in relazione allo scarso favore generalmente riservato dalla comunità locale a un settore considerato non soltanto marginale, ma in contrasto con l’identità del montanaro (Woolf, 1995). Se è vero che l’attività agricola costituì l’accumulazione originaria del capitale per la rivoluzione industriale nell’Italia unita (Pescosolido, 1996), è lecito sospettare se non altro che le diffidenze locali per l’innovazione abbiano finito per fare gioco, in quel delicato frangente, al lamentato processo di espropriazione. Comunque sia, dopo alterne vicende industriali e lotte commerciali nella seconda metà dell’’800, all’inizio del nuovo secolo il settore minerario e metallurgico occupa complessivamente 1.660 lavoratori, pari al 2,2% della popolazione. I maggiori stabilimenti industriali sono collocati in bassa Valle: l’officina dei fratelli Selve a Donnas registra 450 occupati, le ferriere di Pont-Saint- Martin 320, le ferriere di Verrès e di Hône-Bard 180, a cui se ne aggiungono un centinaio nella fabbrica di carbone di Saint-Marcel. Per quanto riguarda gli impianti estrattivi, Ollomont e Bionaz occupano 240 minatori, Champdepraz 210, Brusson 140 e Challand una ventina. La miniera di ferro di Cogne e quella di carbone di La-Thuile risultano inattive. Una modernizzazione industriale sofferta Non solo in Valle d’Aosta, il ’900 regala all’industria l’assoluta novità dell’energia idroelettrica. Nella regione, dopo alcuni esordi sperimentali, i primi stabilimenti dotati di una centrale autonoma si localizzano a Saint- Marcel e a Pont-Saint-Martin, dove nel 1897 viene messo in funzione il primo forno elettrico. In pochi anni nascono in tutta la Valle centrali capaci di una potenza complessiva di circa 30.000 kw. Con inascoltata lungimiranza, il presidente del Comice agricole d’Aoste Louis-Napoléon Bich sottopone alle forze progressiste e riformatrici locali il problème du jour , proponendo “il giudizioso sfruttamento delle forze idrauliche destinate a imprimere una vigorosa marcia in avanti al movimento industriale, fonte della futura prosperità sociale finanziaria” (Bich, 1906, p. 34). Sono i giorni in cui, nel disinteresse generale, l’Ansaldo sta valutando possibili iniziative industriali e idroelettriche in Valle d’Aosta. Dopo l’acquisto dei giacimenti nel 1903 da parte di alcuni finanzieri belgi, la Società anonima miniere di Cogne si costituisce a Genova nel 1909, mentre l’Ansaldo si sta assicurando le concessioni per lo sfruttamento idrico nei bacini del Buthier, Grand’Eyvia, Valsavarenche, Valgrisenche, Dora di Rhêmes e Ruithor. Le intenzioni del gruppo genovese risultano finalmente evidenti nel 1917, quando la Società Cogne è incorporata dall’Ansaldo e ad Aosta prende forma l’eccezionale fuori-scala edilizio del nuovo stabilimento siderurgico. L’Ansaldo punta ad unire in un solo grande complesso di scala interregionale la produzione di combustibile e di energia elettrica, la fabbricazione di acciaio, la lavorazione di armi e di mezzi di trasporto, la gestione di cantieri e di compagnie di navigazione. Il complesso elettrosiderurgico di Aosta, la cui convenienza non sarebbe stata altrimenti sostenibile, è pensato come la fucina di acciai speciali, direttamente derivati dal prezioso minerale di Cogne, nell’ambito di un maestoso progetto industriale di tipo integrale e di portata macroregionale: “Come a dire la creazione di una sorta di “Ruhr italiana” sul versante nord-occidentale della penisola, dalle Alpi al mare” (Castronovo, 1995, p. 205; Binel, 1985, 1995; Janin Rivolin, 2002). Per quanto eterodiretta, l’iniziativa dell’Ansaldo appare in grado di dare impulso, per la prima volta nella storia valdostana, a una concreta prospettiva di sviluppo locale. Nel 1915 si inaugura a Verrès il cotonificio Brambilla (1.200 operai), nel 1919 sorge a Châtillon la Soie, stabilimento per la produzione di fibre artificiali (2.000 operai). Si moltiplicano nel frattempo gli impianti 50 ]
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