Lavoro e diritti in Valle d'Aosta

tutti i gruppi afferenti a Torino, ma che di fatto funzionò sempre poco e male). È significativo, comunque, che il socialismo valdostano, per quanto rafforzato e aumentato di peso politico nei primi anni del nuovo secolo (erano tre le sezioni di partito, ad Aosta, Villeneuve e Châtillon), continuasse ad avere il proprio punto debole proprio nel legame con le nuove realtà produttive, dimostrando di non cogliere affatto l’importanza dei processi di industrializzazione in corso. Basti considerare il fatto che il giornale Le Travailleur, uscito regolarmente per quasi due anni, a partire dal gennaio del 1905, non pubblicò mai nulla in merito, né riportò alcuna notizia che si riferisse ai luoghi di lavoro, o a un qualsivoglia dibattito all’interno delle società operaie di mutuo soccorso, che pure costituivano un punto di riferimento privilegiato per l’azione dei socialisti. Sicché, a ben vedere, risulta alquanto misterioso e quasi indecifrabile l’episodio della nascita di una Camera del lavoro ad Aosta, annunciata nell’estate del 1904: non solo perché i socialisti denunciarono il tutto come una manovra dei conservatori, condotta sulla pelle di alcuni operai in buona fede (a pubblicarne i comunicati erano infatti giornali come il Jacques Bonhomme e l’organo della Curia), ma anche per la personalità del sedicente segretario camerale, Clément Créton, un falegname che da tempo aveva rotto violentemente ogni rapporto con i socialisti, dopo essere stato eletto consigliere comunale ad Aosta, nel 1892, ed essersi poi avvicinato agli ambienti conservatori vicini alla famiglia Farinet. Una realtà, quella prima fantomatica Camera del lavoro, di cui non sappiamo pressoché nulla (e che di fatto sembrò non prendere alcuna iniziativa concreta, per scomparire nel breve volgere di qualche mese), ma che è difficile considerare alla stregua di una prima, per quanto limitata, esperienza di organizzazione autonoma dei lavoratori. D’altra parte, non va dimenticato, a questo proposito, che in quegli anni i dirigenti operai torinesi sconsigliavano vivamente di procedere in maniera affrettata alla costituzione di vere e proprie Camere del lavoro nei piccoli centri, preferendo (per ragioni organizzative) che i compagni della provincia facessero riferimento alla struttura camerale del capoluogo, iscrivendovi eventualmente i propri organismi di categoria. Fu quanto avvenne, forse, nella Bassa Valle, in particolare a Pont- Saint-Martin, dove nel 1904 sembrava esistere in effetti un embrione di Camera del lavoro (ne parlarono i giornali del Canavese, riferendo di polemiche scoppiate fra gli operai in merito alla scelta se aderire o meno allo sciopero generale nazionale, nel mese di settembre), che non aveva però alcun rapporto organizzativo con Aosta. La nascita di organizzazioni economico-rivendicative dei lavoratori fu dunque un processo molto più lento e complesso di quanto comunemente non si creda. Solo verso la fine degli anni Dieci i problemi relative alle paghe, agli orari e ai regolamenti di fabbrica iniziarono a far sentire il loro peso, traducendosi in sporadici conflitti di lavoro, perlopiù confinati dai giornali locali tra le “brevi” di cronaca. Tra gli episodi più significativi ci fu, ad esempio, uno sciopero scoppiato nel dicembre del 1910 fra i minatori di Champdepraz, per ottenere l’aumento dei salari, che si prolungò per alcune settimane dando vita tra l’altro a un fenomeno di solidarietà dell’intera comunità locale contro il reclutamento di “crumiri” da parte dell’azienda. In quell’occasione intervennero alcuni organizzatori della Camera del lavoro di Torino, per condurre le trattative con i responsabili delle miniere, e fu costituita formalmente una lega di resistenza, diretta da Antonio Gandina, un socialista di fede valdese. Si trattava comunque di casi isolati, che non riuscivano ancora a tradursi in un’organizzazione stabile e permanente, anche se un minimo di struttura associativa iniziò lentamente a sedimentarsi anche ad Aosta, dove alla vigilia della guerra mondiale esisteva almeno una sezione di lavoratori, formalmente costituita sul terreno sindacale: quella dei muratori, diretta dal socialista Severino Zorio. La struttura economica e sociale della regione, insomma, continuava a condizionare pesantemente le possibilità di [ 47 Marco Scavino, docente di Storia contemporanea alla Facoltà di Lettere dell’Università degli studi di Torino, studioso del movimento operaio e socialista.

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