Lavoro e diritti in Valle d'Aosta

rinunciano alla proprietà sulle acque. Anche questo provvedimento costituirà un beneficio enorme per i grandi gruppi nazionali impegnati nello sfruttamento delle risorse idriche della Valle d’Aosta. Quelle acque che tanto Chanoux, quanto Federico Chabod reclameranno nel corso della lotta di liberazione come fonte di sviluppo da restituire al controllo diretto dei valdostani: “si deve riconoscere — sono parole di Chabod — che lo sfruttamento delle acque ad opera delle grandi imprese elettriche avvenne senza riguardi agli interessi locali”. Quegli anni Trenta, che sono di continua espansione anche del numero degli occupati nelle fabbriche, segnano peraltro anche la ripresa degli espatri clandestini: se fra il 1921 ed il 1944 saranno 37.490 gli immigrati in Valle d’Aosta, nello stesso arco di tempo partono per l’estero 25.940 persone: gli equilibri etnici ne escono sconvolti. Nel 1930 le forze dell’ordine segnalano passaggi o ingressi, specialmente dal Vallese, per la Francia, di operai e di operaie che se ne vanno a piccoli gruppi: 12 a fine marzo, 18 il 3 aprile, una quarantina alla fine di quel mese, una dozzina di donne a Pasqua, 7 uomini, due donne ed un ragazzo il 16 maggio; un flusso che va avanti tutta l’estate e che coinvolge anche dei disertori che sono accusati “di fomentare la rivoluzione e di fare propaganda antifascista”. Con l’accusa di aver favorito l’espatrio clandestino, molti valdostani sono deferiti nel 1930 alla Commissione provinciale per l’ammonizione ed il confino. Chi emigra, anche per ragioni politiche, sa che, nel marzo del 1930, quattro operai della Cogne, tutti provenienti dalle acciaierie Girod di Ugine sono stati arrestati e deferiti al Tribunale speciale per propaganda comunista in fabbrica: Celso Spinelli, Giovanni Battista Bovone, Giuseppe Turroni e Giovanni Franceschini sono quattro dei numerosi antifascisti valdostani arrestati e processati come sovversivi. Se numerosi, in proporzione, sono gli antifascisti della Valle d’Aosta schedati nel casellario politico centrale, relativamente pochi saranno quelli condannati dal Tribunale speciale. In Francia, gli emigrati impegnati nell’organizzazione di movimenti sociali — legati a sinistra ad attivisti come Auguste Jory, Jean Chabloz, Andrea Jaccod e suo nipote Claudio Manganoni, e sul fronte cattolico regionalista ad esponenti del clero, come l’abbé di Villeneuve Auguste Petigat — favoriscono la crescita in Valle della coscienza antifascista e (o) regionalista. A Parigi, Giovanni Bassanesi, figlio di un noto fotografo che lavora ad Aosta, stabilirà dei contatti con gli ambienti antifascisti italiani vicini ai programmi e agli ideali del movimento Giustizia e Libertà. Un notevole contributo all’antifascismo sarà dato nel 1936 da coloro che si arruolano nelle formazioni antifranchiste in Spagna: esemplare, per la Valle d’Aosta, è la vicenda di Mario Colliard, un meccanico di Hône, che, espatriato clandestinamente in Francia, partecipa alla guerra di Spagna: mentre rientra dalla Francia viene arrestato a Bardonecchia, è confinato a Ventotene. Ritornato in Valle d’Aosta prende parte alla Resistenza: arrestato dai fascisti ad Hône, muore fucilato mentre tenta di fuggire dalla caserma della Guardia nazionale repubblicana. Nel gennaio del 1941 Jean Chabloz, di Nus, rientra in Valle dalla Francia dove è emigrato nel 1924. Il compito che gli è stato affidato è quello di riorganizzare il PCI in Valle d’Aosta. In Francia aveva vissuto l’esperienza del Fronte popolare, si era occupato del reclutamento di volontari da inviare in Spagna per sostenere la lotta contro il franchismo, aveva curato l’organizzazione degli emigrati valdostani che, a centinaia, sono andati ad abitare a Levallois-Perret, nei pressi di Parigi. A guerra iniziata, ha partecipato ad azioni di sabotaggio contro i nazisti. Ad Aosta viene assunto alla Cogne. Prende i primi contatti con la vedova di Luigi Borghi, Letizia Parma, che svolgerà un ruolo attivo nella Resistenza. Nel 1942 il movimento regionalista ed autonomista Jeune Vallée d’Aoste, che fa capo a Émile Chanoux e a Lino Binel, è maturo per riprendere la lotta. Nelle sue fila, stando ai ricordi di Claudio Manganoni, entrano anche, a rappresentare l’area comunista, Antoine Caveri, che ha fatto da tramite con Chanoux e Binel, Émile Lexert, entrato in Valle d’Aosta nel 1938 dalla Svizzera, e lo stesso Manganoni, che nel luglio di quell’anno sarà licenziato dalla Cogne per motivi politici. Alla Jeune Vallée d’Aoste si avvicinano anche giovani come Adolfo Pollio- Salimbeni, che lavora alla Cogne. L’obbiettivo che Chanoux fissa, in quel torno di tempo, in uno dei suoi scritti più importanti, è quello di far nascere, in una situazione di piena indipendenza o in un rapporto di tipo federativo con uno stato costituito, una Regione autonoma, frutto dell’iniziativa e della collaborazione dei villaggi e dei comuni che costituiscono la Valle d’Aosta, ed un sistema economico che restituisca ai valdostani la proprietà delle acque, per far sì che siano loro anche gli attori della politica economica: una politica che tende al controllo diretto sulla Cogne, che fa ora parte delle industrie di Stato, ed alla creazione in loco di piccole industrie di precisione. Non stupisce, quindi, che agli esordi della Resistenza, immediatamente dopo l’armistizio dell’8 settembre del [ 31

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