Lavoro e diritti in Valle d'Aosta
assieme a qualche militante comunista, giungono, anche dalla Valle d’Aosta e nonostante i divieti, nuclei ancora consistenti di emigrati, siano essi andati a “cercar fortuna” all’estero, per investire quanto hanno ricevuto dagli espropri, o per sfuggire ad una miseria ancora peggiore dopo la crisi ed il fallimento nel 1928 e nel 1930 delle due grandi banche “cattoliche”, la Banque Réan ed il Crédit Valdôtain: due istituti di credito che avevano assorbito la quasi totalità dei risparmi dei contadini valdostani. Il Crédit aveva finanziato nel 1926 l’iniziativa di alcuni operai che rientrando dalla Francia avevano dato vita ad Aosta alla Soc. An. Trafileria Valdostana, di cui era stato promotore mons. Jean-Joconde Stévenin; analogo sostegno economico era stato concesso alla Soc. Acque minerali di Courmayeur, di proprietà di Henri Suquet. La Cogne, ormai il vero colosso industriale della Valle d’Aosta, in un sistema occupazionale che interessa 5.300 dipendenti suddivisi nei diversi settori, controlla gli operai non solo al suo interno e nei quartieri ad essi destinati, ma protende le sue mani sull’organizzazione corporativa e sulla federazione aostana del Partito nazionale fascista. Fra il 1925, l’anno in cui è stato imposto il regime podestarile, ed il 1935, l’anno della grande paura ad Aosta per la ventilata minaccia di chiusura degli stabilimenti, la Cogne passa, con una progressione continua, da 283 occupati a 2.475; contemporaneamente, la città d’Aosta passa dai 9.554 abitanti censiti nel 1921 ai 13.962 del 1931. I flussi immigratori per andare a lavorare all’Ansaldo Cogne hanno interessato massicciamente le regioni del Nord, a partire dal Veneto, molto limitatamente il Centro, il Sud dell’Italia e l’estero, mentre circa il 30% di chi lavora in quella fabbrica proviene da altre località della Valle e dal concentrico di Aosta. Il dato numerico relativo all’immigrazione ad Aosta fa pensare non solo ai problemi strutturali che la città dovette affrontare, ma alla sfida culturale legata a provenienze regionali diverse, particolarmente complesse, sotto un regime totalitario che persegue in Valle d’Aosta l’obbiettivo di eliminare progressivamente l’uso del francese. La fabbrica moltiplica ed accelera il processo di uniformazione imposta a gruppi diversi per storia, formazione e vicende sociali. A farne le spese sono prima di tutto le abitudini e le competenze linguistiche. L’ostracismo dichiarato dal fascismo al francese va di pari passo con i processi di italianizzazione, mal sopportati da quanti sono abituati da secoli all’uso dei dialetti. L’appello che, in una situazione di rapidi mutamenti strutturali che si riverberano sull’intera società valdostana, Émile Chanoux lancia nel 1926 ai valdostani che sono emigrati di recente, approfittando della maggiore circolazione di danaro, è quello di ritornare in Valle d’Aosta per costituire un nucleo forte anche in quelle fabbriche in cui gli immigrati costituiscono, in quel momento, la maggioranza. Regionalismo e dinamiche del lavoro trovano sin d’ora spazio nella concezione federalista di Chanoux, che ritroveremo fra i protagonisti della Resistenza valdostana e della lotta per l’autonomia. L’intreccio fra fabbrica e Partito fascista diventa evidente già alla fine del 1926 quando il direttore degli stabilimenti Ansaldo-Cogne di Villeneuve, l’ing. Luigi Ramallini, sarà nominato segretario della federazione provinciale fascista ad Aosta. Sarà questo il primo gradino di una carriera politica che dieci anni più tardi lo porterà alla carica di podestà d’Aosta. Nel 1929, a seguito del plebiscito, il rapporto fabbrica-regime s’incarnerà, con conseguenze ancora più rilevanti, nella persona dell’amministratore delegato della Cogne, l’ing. Giuseppe Brezzi. Brezzi, che su nomina del prefetto, aveva rappresentato sin qui gli interessi dell’industria meccanica e dell’edilizia nel Consiglio municipale di Aosta, contribuisce, ora, alle scelte d’interesse nazionale, sedendo al Senato. Il suo nome resterà legato sia all’ampliamento dello stabilimento siderurgico aostano, sia alla realizzazione della ferrovia Aosta – Pré-Saint-Didier, la cui costruzione fu concessa dal governo alla Cogne per consentire il trasporto del carbone dalle miniere di La Thuile e di Tête d’Arpy. Nel 1928 la Camera del Lavoro di Torino, che agisce nella clandestinità, stende un rapporto sulle condizioni di lavoro in Valle d’Aosta. “Tutta la Valle d’Aosta — si legge — e Aosta in special modo è invasa da operai veneti e friulani, che fuggono dai loro paesi di miseria, costretti dalla necessità essi si sottomettono senza protesta allo sfruttamento iniquo, accettano dei salari di fame, indebolendo in tal modo anche lo spirito di lotta che regnerebbe negli operai locali”. Nel marzo del 1929 lo Stato assume il pieno controllo degli stabilimenti siderurgici di Aosta e delle società che ne formano il complesso, con la denominazione, quindi, di “Società anonima nazionale Cogne”. Nel 1930 il ministro delle Finanze sarà autorizzato ad assicurare alla Cogne un prestito obbligazionario sino all’importo di 175 milioni di lire. Nel settore degli interessi idroelettrici avrà un ruolo determinante Renato Mozzi, il funzionario della Prefettura di Aosta che ha sostituito, in Comune, il podestà Ramallini. Il 1º marzo del 1943 sarà lui che firma l’atto con cui i Comuni valdostani, per decenni ostili al provvedimento, 30 ]
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