Lavoro e diritti in Valle d'Aosta

A partire dal gennaio del 1921 si rafforza in Valle d’Aosta la struttura della corrente comunista, che il 9 terrà il suo primo convegno, a Quart. Sarà ancora Nicolo a tenere la relazione introduttiva e alla sua penna è dovuto l’articolo su Le condizioni del movimento operaio in Valle d’Aosta ”, che l’ ”Ordine Nuovo” pubblica il 18 febbraio. Ripercorrendo il biennio trascorso, Nicolo condanna l’ostracismo agli operai valligiani, a cui le imprese hanno preferito torme di emigrati e di smobilitati, critica la pratica dei licenziamenti e della chiusura di reparti negli stabilimenti elettro-siderurgici della Bassa Valle, denuncia la campagna contro le organizzazioni sindacali e contro il PSI , condotta da ultimo dai fascisti, spesso portati ad Aosta dall’Ansaldo, e in questo clima di difficoltà ed incertezza invita alla lotta di classe. Ma in un clima di crescente difficoltà per i quadri sindacali, che più soffrono dei provvedimenti di emarginazione o addirittura di licenziamento, per molti attivisti la via non può essere che quella dell’emigrazione, soprattutto in Francia, assieme, e forse al seguito, di grandi masse di valdostani che emigrano: nel solo arco di tempo compreso fra il novembre del 1919 e l’aprile del 1920 sono 2.950 gli emigrati che oltrepassano il confine del Piccolo San Bernardo per recarsi in Francia e la maggior parte di loro sono valdostani. Tremila saranno tra il 1919 ed il 1923 gli emigrati dal solo Comune di Aosta. Il susseguirsi di manifestazioni operaie nel corso del 1921, la paura ch’esse preludano sul piano delle conseguenze politiche ad una azione rivoluzionaria, che si ispiri al modello sovietico, sono fattori che possono essere invocati per spiegare che quella Valle d’Aosta, che due anni prima si era svegliata socialista, nelle elezioni politiche del novembre del 1921 sposti decisamente le sue preferenze sul Partito popolare, mentre il Blocco nazionale consolida, sia pur di poco, la sua posizione. La somma dei voti ottenuti dal PSI e dal PCdI , che hanno presentato due liste distinte, non raggiunge i consensi ottenuti dal PSI nelle elezioni precedenti. L’articolo che Nicolo dedica alla Valle d’Aosta sull’ ”Ordine Nuovo” del 22 settembre 1921 trabocca ancora di delusione per il successo dell’on. FedericoMarconcini, eletto nelle liste del Partito popolare, e di ironia nei confronti di chi, come Anselme Réan, vorrebbe che la Valle d’Aosta fosse rappresentata in Parlamento da due suoi rappresentanti. Nonostante la crisi elettorale, che Nicolo ha analizzato nella sua dimensione nazionale, il livello di attenzione al mondo del lavoro resta elevato. All’inizio dell’estate, mentre fervono i lavori della Breda nella Valle del Lys, l’ ”Ordine Nuovo” denuncia la discriminazione sofferta dai valdostani da parte di quella società e delle imprese ad essa collegate che preferiscono far giungere da tutta Italia centinaia e centinaia di lavoratori per poi tenerli alla loro completa mercé, mentre i locali sono costretti a prendere la via dell’emigrazione. Il fenomeno è in così stridente contrasto con le esigenze dei valligiani che i sindaci della Valle chiedono l’intervento del sottoprefetto. Alta rimane anche la mobilitazione degli operai e dei social-comunisti. Le maestranze delle tre aziende metallurgiche ancora attive partecipano allo sciopero indetto in tutta Italia dalla loro categoria. Giuseppe Nicolo, sul numero del 27 ottobre dell’ ”Ordine Nuovo”, incita alla resistenza affermando che il Partito comunista d’Italia continuerà le sue battaglie anche se ridotto all’illegalità. Il clima repressivo cresce. Anche in Valle, alle segnalazioni che partono dai carabinieri e dalla Questura, per ordine del Ministero dell’Interno, relative ai militanti social-comunisti, ai repubblicani ed agli anarchici, si aggiungono le spedizioni punitive dei fascisti, che lo stesso prefetto di Torino depreca per l’uso intollerabile della violenza fisica, oltrecché verbale. Spedizioni che nel marzo del 1921 avevano addirittura provocato l’uccisione a colpi d’arma da fuoco di Enrico Delchoz, un operaio di Issogne di 31 anni. Il primo novembre del 1922, le camicie nere occupano la Camera del Lavoro di Aosta. Sono trascorsi appena 4 giorni dalla “marcia su Roma”, due da quando il re ha affidato il governo a Mussolini: ma già il 31 ottobre i fascisti a Roma avevano dato l’assalto alle sedi di vari giornali, alla direzione del PSI, ed alla Casa del Popolo. Poco più tardi sarà l’Alleanza cooperativa di Aosta ad essere occupata dai fascisti, che perseguendo la loro “campagna moralizzatrice” occupano il Municipio di Aosta dove siede il sindaco Jean Farinet, eletto nelle liste del Partito popolare, e molti Comuni a guida social- comunista: da Champdepraz a Challand-Saint-Anselme. Il fascismo entra subito, non solo nei gangli della pubblica amministrazione, ma anche in quelli dell’industria. Sul fronte dell’organizzazione industriale non passa inosservato fra i responsabili del fascio di Aosta il fatto che l’Ansaldo abbia siglato nel 1923 un accordo con Paul Girod, l’industriale che porta con sé l’esperienza maturata negli stabilimenti siderurgici francesi di Ugine. Girod ha ottenuto l’affitto per cinque anni degli stabilimenti Cogne al suo gruppo, in vista della costituzione della Società anonima acciaierie elettriche Cogne-Girod. Immediata sarà la reazione del segretario e del 28 ]

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