Lavoro e diritti in Valle d'Aosta

“un comunista valdostano” dal titolo Il Comunismo e la Valle d’Aosta . L’articolo ha più di un motivo d’interesse; si pensi all’appello iniziale affinché gli operai tendano fraternamente la mano ai contadini. Ma qui vale la pena di sottolineare che l’autore, partendo dal presupposto che “lo Stato comunista deve essere amministrato direttamente dai produttori” insiste sul fatto che “esso realizzerà la più larga autonomia locale”. Ogni villaggio, ogni città, ogni provincia, ogni regione sarà retta dai suoi delegati che assumeranno quelle responsabilità ed eserciteranno quei poteri che nello stato borghese sono accentrati nelle mani dei ministri. La Valle d’Aosta avrà in questo contesto generale la propria autonomia. L’articolo, si legge nella nota a margine, sarà tradotto in francese per essere diffuso “dagli amici dell’Ordine Nuovo”. Il tema del rapporto fra autonomia e partecipazione dal basso dei “soviet” sarà ripreso il 26 ottobre, alla vigilia delle elezioni politiche, da un esponente del PSI, Alberico Zanetto, un operaio dell’Ansaldo che lavora in miniera e che fa parte della Camera del Lavoro di Aosta. All’autonomia fondata su ragioni etniche e linguistiche, cara al gruppo che fa capo al dottor Anselme Réan, i socialisti contrappongono, dunque, l’autonomia fondata sull’esercizio diretto del potere politico da parte dei lavoratori. Le elezioni del 1919, ad onta di tutte le previsioni, daranno un successo schiacciante ai socialisti; le élites politiche della Valle d’Aosta e gli ambienti clericali saranno i primi ad accorgersi, non senza stupore e timore, che la Valle d’Aosta, il 17 novembre , si è svegliata socialista. Il 37% dei voti è andato, infatti, al PSI ; il Partito popolare ha ottenuto il 20,6% dei suffragi. Gli esponenti del Blocco della Vittoria, che rappresentano la tradizione liberale, perdono la rappresentanza parlamentare: fatto che influirà pesantemente sulla leadership delle famiglie valdostane, che hanno sin qui detenuto un forte potere politico e culturale. Il successo del PSI non è legato ai soli comuni dove esiste una solida presenza di lavoratori dipendenti, ma anche a numerosi comuni a vocazione agricola e pastorale. Il peso della guerra e la speranza di un futuro lavorativo migliore hanno evidentemente giocato su queste consultazioni. Nell’estate del 1919 si fa più sporadica, rispetto ai mesi precedenti, la protesta operaia e contadina per combattere contro il caro-vita e la requisizione del bestiame; e ciò anche a seguito di un invito alla moderazione che parte proprio dal sindacato e dalle sezioni del PSI operanti in Valle: ciò non toglie che a luglio gli operai dell’Ansaldo diano l’assalto alla Cooperativa cattolica di Aosta, con una azione che fa pensare più ad un moto spontaneo che organizzato. Il 20 ed il 21 luglio gli operai valdostani aderiranno allo sciopero indetto a livello internazionale per protestare contro gli interventi stranieri contro le Repubbliche socialiste sovietiche. Strettamente legata, invece, all’agitazione nazionale dei metallurgici, partita nell’agosto-settembre del 1919 dall’Emilia, dalla Liguria e dalla Lombardia, è la manifestazione promossa per ottenere la fissazione dei minimi di paga. Il “biennio rosso”, gli anni cioè dominati in tutta Italia da manifestazioni e forme di lotta dei lavoratori, che sembrano ispirarsi al modello della rivoluzione che ha portato alla costituzione dell’ URSS , è caratterizzato anche in Valle d’Aosta dall’intensificarsi delle manifestazioni di protesta degli operai. Se nel 1919 molte azioni di protesta erano legate al caro-vita , nel ’20 e ’21, sempre in funzione di miglioramenti salariali, diffuse in diverse località della Valle sono le azioni operaie d’ostruzionismo (seguite dalle serrate decise dagli industriali) e le occupazioni delle fabbriche: le manifestazioni coinvolgono il movimento operaio valdostano nei diversi luoghi di lavoro; dalle Ferriere Cravetto di Verrès, piantonata dagli alpini, partono iniziative di ostruzionismo che saranno adottate nell’estate del 1920 anche negli stabilimenti di Donnas, nelle officine metallurgiche di Pont–Saint-Martin, all’Ansaldo di Aosta. Qui il 3 settembre una folla di operai dell’Ansaldo ascolterà le relazioni tenute per la Fiom da Carlo Artesani e da Giuseppe Nicolo. Nicolo, che si era formato politicamente e sindacalmente a Torino, lavora adesso alla Cogne ed ha assunto la carica di segretario della Camera del Lavoro di Aosta. Scrive per il “Grido di Spartaco” e per l’edizione torinese dell’ ”Ordine Nuovo”. Torinese di formazione è anche Luigi Borghi. Ad Aosta ha una bottega da calzolaio e dirige, prima, la Federazione Impiegati, poi l’importante sindacato tessile. Dal 1923 sino al 1934, anno della sua morte, sarà continuamente vigilato e più volte diffidato per attività sovversiva, in quanto organizzatore politico e sindacale. A settembre, gli operai delle Ferriere di Donnas occupano lo stabilimento, inalberano la bandiera rossa e nominano il consiglio di fabbrica: saranno ancora Nicolo ed Artesani a tenere una relazione sull’andamento dell’agitazione; qualche giorno dopo, l’ ”Avanti”, organo del PSI, darà notizia della nomina negli stabilimenti della Bassa Valle dei primi consigli di fabbrica, concepiti dai comunisti come la cellula dello Stato operaio, come “istituti a carattere pubblico” di cui gli operai fanno parte in quanto produttori. [ 27

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