Lavoro e diritti in Valle d'Aosta

perché lo stabilimento era stato dichiarato ausiliario. Contemporaneamente, i prigionieri di guerra, acquartierati ad Aymavilles, sono sfruttati come forza lavoro dall’Ansaldo, che li utilizza nella costruzione delle centrali e nella realizzazione della strada per Cogne. È molto difficile, allo stato attuale degli studi, tracciare un profilo per quanto approssimativo del modo contadino e della classe operaia, all’indomani dell’ ”inutile strage”. Della campagna si sono occupate durante la guerra soprattutto le donne, molto personale femminile ha trovato un salario mensile nella Filatura Brambilla, altre donne premono ai cancelli della Soie di Châtillon, uno stabilimento che sta per essere attivato per iniziativa di una società italo-francese; ma le lavoratrici assunte, che diventeranno ben presto un migliaio, provengono per la maggior parte dal Bergamasco. La loro esistenza si consumerà fra la fabbrica, dove sono sottoposte ai ricatti padronali, ed il Convitto delle suore della Provvidenza, che le costringono ad una vita chiusa ad ogni tipo di rapporti con l’esterno. Le numerose maestranze al seguito della Breda e dell’Ansaldo, in gran parte costituite da soldati ora smobilitati, iniziano a costruire un vero e proprio movimento operaio. Nel marzo del 1919, sulla spinta delle rivendicazioni sindacali, 1.500 lavoratori sfilano per le vie di Aosta per manifestare la loro soddisfazione per la riduzione del lavoro ad otto ore al giorno. Nella piazza del Municipio ascolteranno le parole di un operaio e del segretario dell’Umanitaria, una associazione che vuol essere un fattore di unione fra la cultura socialista ed il liberismo radicale. Fra i suoi collaboratori valdostani annovera Eugénie Martinet, figlia di César Martinet, influente esponente del socialismo umanitario. Gli edili, che in gran numero lavorano per l’Ansaldo, scendono in lotta nell’aprile del 1919. Protestano per le condizioni di lavoro imposte dalla fabbrica, che ha dato il via, anche, alla costruzione di un gruppo di villette destinate agli impiegati e alle case Giachetti, le prime ad essere destinate alle maestranze operaie, che al momento dell’assegnazione escono dalle case fatiscenti della vecchia Aosta, una città, abitata ancora da un rilevante nucleo di contadini, che deve sopportare una vera e propria rivoluzione demografica e linguistica. Forse coglie la profondità dei cambiamenti in atto quell’anonimo cronista del “Messager Valdôtain” che nota nel 1918: “La petite ville d’Aoste augmente considérablement sa population qui va perdre ses habitudes de vie tranquille, et peut-être son cachet valdôtain, pour devenir une ville industrielle”. La consistenza, anche numerica, dei salariati che lavorano in Valle nelle officine o nell’indotto è molto rilevante, un indotto legato al settore delle costruzioni siano esse edili o per nuove centrali, fa sì che la Camera del Lavoro di Torino, prima attenta quasi esclusivamente ai problemi dei lavoratori della Bassa Valle, s’interessi alle trasformazioni in atto ad Aosta. Nello stesso tempo, si stringono le relazioni tra i lavoratori valdostani e quelli dell’area torinese, come dimostra lo sciopero di solidarietà con le maestranze della Fiat effettuato nell’aprile del 1919 dagli operai di Aosta, Châtillon, Verrès e Pont-Saint- Martin, a cui si uniscono quelli di Carema. Il primo maggio sarà il segretario della sezione metallurgica torinese a tenere, su invito della sezione di Aosta del partito socialista, il discorso celebrativo. Sotto la spinta del partito socialista e della Camera del Lavoro sembra dunque in crescita la formazione politica del movimento operaio. A sua volta il movimento cattolico, che ha accolto l’ ”Appello al Paese” lanciato nel gennaio da don Luigi Sturzo, dà un segno della sua presenza fra i lavoratori, creando ad Aosta, su iniziativa dell’Opera don Bosco, un ufficio di collocamento e per l’erogazione di sussidi di disoccupazione. L’ufficio, che è federato all’Italica Gens, si occupa in particolare di reclutare mano d’opera nelle campagne da utilizzare, soprattutto, negli stabilimenti dell’Ansaldo e personale femminile da avviare nell’industria dei filati, come accerterà Luigi Borghi, che ha condotto “una severa e minuziosa inchiesta”. Lo stesso Borghi, che milita nella sinistra, denuncia il fatto che l’Italica Gens mette a disposizione della Soie di Châtillon maestranze che accettano condizioni salariali inferiori a quelle in vigore. Un fatto del tutto nuovo, la competizione cioè di due grandi partiti di “massa”, il PSI ed il Partito popolare, si profila alla vigilia delle elezioni politiche del 1919. Centrale, in vista di quell’appuntamento, è per la Valle d’Aosta la soluzione da dare alla questione dell’autonomia e, più in generale, del regionalismo. Nell’aprile di quell’anno, il dottor Anselme Réan, presidente della Ligue valdôtaine, aveva inviato al presidente del Consiglio dei ministri, nella sua veste di rappresentante italiano al Congresso della Pace in corso a Parigi, un memoriale che conteneva rivendicazioni di carattere etnico e linguistico per la Valle d’Aosta. L’eco di tale petizione era rimbalzato su parecchi giornali, anche nazionali, interessati al problema del regionalismo, autorevolmente posto a livello nazionale da don Sturzo. Non stupisce, quindi, che l’ ”Ordine Nuovo” di Antonio Gramsci ospiti il 14 giugno 1919 sul foglio di cultura socialista che ha diffusione nazionale l’articolo a firma di 26 ]

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