Lavoro e diritti in Valle d'Aosta

assicurazioni contro gli incendi che devastano le abitazioni rurali con i loro fienili; mentre sacerdoti sensibili al sociale ed alla condizione critica in cui versano parimenti operai e contadini, instancabilmente fanno appello, come lo farà per anni l’abbé Joseph-Marie Trèves, affinché non restino lettera morta le misure previdenziali per assicurare ai lavoratori una pensione e, in caso d’invalidità, una fonte di sostentamento, previste dalla legge del 17 luglio 1897 che istituiva le Casse nazionali di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia, uomini di Chiesa e laici, vicini alle posizioni della démocratie chrétienne , ne condividono le due principali finalità, chiaramente sintetizzate nel 1902 da Jean-Joconde Stévenin, che allora svolgeva il proprio ministero sacerdotale presso la Cattedrale di Aosta: “premièrement, le bien proportionnel de toutes les classes sans exception; deuxièmement, un soin spécial du bien des multitudes qui ont plus besoin de tutelle et de secours de la part de la société”. La Camera del Lavoro nasce, come si è visto, in un momento di larghissimo sfruttamento delle risorse del territorio valdostano. Negli anni che seguono la sua costituzione si moltiplicano le iniziative imprenditoriali sia nel settore della produzione idroelettrica, sia in altri ambiti, comunque favoriti dalla presenza in loco della houille blanche . Il fervore delle opere è ancora evidente nella seconda decade del ’900 e lungo tutto il corso della prima guerra mondiale, che contribuirà notevolmente a far crescere le industrie d’interesse bellico. Particolare attenzione viene, nuovamente, prestata anche al patrimonio minerario. Nel 1912, ad opera di imprenditori genovesi, si costituisce la Società anonima miniere e fonderie di Valpelline, che pone fra i suoi programmi la produzione di energia elettrica; nel 1916 sarà la stessa Ansaldo di Genova, azienda leader nel settore, da cui già dipende una fitta rete di stabilimenti siderurgici in tutta la Liguria, che, avendo rilevato la Società miniere di Cogne, costituitasi nel 1900 nel capoluogo ligure, dà il via alla costruzione dello stabilimento di Aosta, occupando, come aveva preconizzato Bich, una porzione notevole del bacino che accoglie la città. La società dei fratelli Perrone acquista in gran quantità concessioni per i bacini del Buthier, della Grand-Eyvia, del Savara, del Ruitor e della Dora di Valgrisenche e di Rhêmes, e inizia la costruzione di numerose centrali che le assicurano la produzione di decine e decine di milioni di KWh. I processi di concentrazione industriale, che sono già presenti con le iniziative dell’Ansaldo, si riscontrano, contemporaneamente, nel settore idroelettrico. La Società idroelettrica valdostana, che fra il 1912 e il 1914 ha realizzato l’impianto idroelettrico fra Châtillon e Montjovet, con una occupazione che varia dai 1.200 operai nel periodo estivo ai 400 nel periodo invernale e che esporta a Torino l’energia prodotta, concede nel 1913 tutta la produzione alla potente Società Alta Italia. Per parte sua, la Società elettro-metallurgica di Pont- Saint-Martin, allo scoppio della guerra, sarà assorbita nel 1915 dalla Società metallurgica italiana e nel 1918 passerà sotto il controllo di un gruppo di industriali biellesi che ne modificano la denominazione sociale in Società idroelettrica Piemonte: quella SIP che, assieme alla Breda, tanta parte avrà nella costruzione anche in Valle di enormi dighe. L’industria valdostana, alla vigilia del primo conflitto mondiale, si qualifica non solo per il ruolo specifico che i settori, sempre più strettamente correlati fra loro, della siderurgia, dell’energia elettrica e della produzione mineraria hanno sulla produzione bellica, per la rilevanza dei capitali investiti che rendono indispensabile l’incontro fra grande industria ed istituti bancari di rilievo nazionale; non solo per le spinte monopolistiche che tendono ad affermarsi sia pure all’interno di una economia nazionale ancora fragile, ma diventa sempre più appannaggio di gruppi che hanno solidi rapporti con gli ambienti governativi. Da questo punto di vista una regione come la Valle d’Aosta, che ha sofferto per decenni per la sua emarginazione economica, diventa il centro di rilevanti interessi nazionali. Nel capoluogo, la situazione economica e sociale alla vigilia del conflitto è ancora così difficile che il 15 febbraio del 1915 Severino Zorio, segretario della sezione socialista di Aosta, chiederà al sindaco un incontro urgente per affrontare il problema della “continua disoccupazione e del rincaro dei viveri”. Nel 1918, un opinionista locale, Vincent Gorris, fa suo, riprendendone le parole, l’appello lanciato 11 anni prima da Bich: ma quello che allora, forse, avrebbe potuto realizzarsi se l’imprenditoria locale avesse avuto più ascolto, specie a livello governativo e fra le grandi banche, ora suona a molti come una vera e propria utopia. Per la guerra 1915-1918 furono mobilitate le classi nate fra il 1874 ed il 1900, il che significava per la popolazione della Valle d’Aosta, che era di circa 80.000 anime, che 16.500 uomini avevano dovuto abbandonare la loro attività, così nei campi, che nelle officine; una buona metà fu mandata in trincea. La morte in battaglia, che colpisce soprattutto i contadini mandati in trincea, falcia, stando agli ultimi dati pubblicati, 1.557 vittime. Migliore sorte ebbero i circa 600 operai dello stabilimento siderurgico di Pont-Saint-Martin che poterono restare in fabbrica [ 25

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