Lavoro e diritti in Valle d'Aosta
Alla dimensione quantitativa assunta in Valle dal nuovo proletariato industriale si deve abbinare anche un aspetto più qualitativo, dato dall’immissione di manodopera proveniente da esperienze politico-sindacali di particolare rilievo. È il caso di Giuseppe Nicolo, operaio proveniente da Torino e assunto dalla Società Ansaldo all’inizio della sua attività e poi licenziato con le epurazioni volute dal fascismo. A lui, assieme a Poggianti per la Fiom e a Zanetto per gli edili, si deve la ricostituzione della Camera del Lavoro di Aosta, nonostante la contrarietà di quella di Torino, di cui divenne una delle sette “succursali” con Condove, Pinerolo, Ciriè, Rivarolo, Chivasso e Ivrea, nel marzo del 1920, ovvero in pieno “biennio rosso”. La ricostruzione del biennio rosso (1919-21) in Valle è stata oggetto di attente e qualificate analisi storiche, per cui è superfluo ripeterle. È invece opportuno soffermarsi sulla figura di Giuseppe Nicolo. Faceva parte dell’Ordine Nuovo, rivista e per un breve periodo quotidiano, fondata a Torino da Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti e Angelo Tasca, che fu un particolare punto di incontro tra un’avanzata esperienza sindacale ed un coagulo politico-culturale, sorto dagli stimoli della rivoluzione bolscevica di ottobre. Il suo obiettivo era la trasformazione delle Commissioni Interne da semplici organismi sindacali in Consigli di Fabbrica, per esercitare il controllo operaio sul ciclo produttivo e quale iniziale cellula dello Stato operaio. Il primo Consiglio di Fabbrica nacque alla Fiat Centro nell’agosto 1919. Il portatore in Valle di questa strategia consiliare fu, appunto, Giuseppe Nicolo, la cui azione fu duplice: sindacale e politica. Quando, con l’esaurirsi della spinta operaia, si consumò, a Livorno nel febbraio 1921 , la rottura tra l’ala riformista e quella massimalista del PSI , Nicolo si fece promotore della costituzione del PC dI in Valle d’Aosta, ottenendo l’adesione di molte sezioni socialiste. L’aspetto che più interessa in questa sede è, naturalmente, quello sindacale che vide in Nicolo l’animatore delle lotte di fabbrica, sfociate spesso in occupazioni vere e proprie, e da lui ben descritte nelle cronache sindacali dell’Ordine Nuovo riguardanti la Valle d’Aosta. Nel giugno 1919 , l’Ordine Nuovo pubblicò un articolo titolato “Il comunismo e la Valle d’Aosta”, firmato da un anonimo “comunista valdostano”, nel quale lucidamente si preconizzava, per la Valle d’Aosta, “la più grande indipendenza e autonomia”, nel quadro di uno stato a base consiliare, trasposizione italiana dei Soviet russi, per cui “in un tale sistema la Valle avrebbe il suo Consiglio, composto di valdostani, eletto da tutti i valdostani uomini e donne, e questo Consiglio eserciterebbe un forte potere sovrano per gli affari della Valle”. Nell’articolo è ben individuata la specificità della Valle, asserendo che “la Val d’Aosta, che non è né francese né italiana, ma soprattutto valdostana …” Quest’articolo, comunemente considerato dagli storici locali per la sua importanza quale prima e originale elaborazione di parte comunista sulla realtà regionale, fu elaborato a nostro giudizio con il contributo di Nicolo per la conoscenza del territorio, delle sue peculiarità e contraddizioni, vissute grazie all’esperienza sindacale. Il preambolo dell’articolo “La Valle d’Aosta si avvia verso un’intensa vita industriale; masse operaie ingenti si addensano in numerosi centri di vita e nella stessa vecchia Aosta” può essere una testimonianza della sua collaborazione. L’attenzione per le caratteristiche della Valle, per una visione in termini progressivi della sua specificità, non verrà mai meno nell’azione e nella riflessione della CGIL della Valle d’Aosta, pur con accentuazioni diverse nelle varie fasi della sua centenaria esistenza. Altra eredità del biennio rosso, vissuto intensamente in Valle sul piano sindacale e politico, è stata una radicalità nelle lotte operaie, nel controbattere l’azione padronale ogniqualvolta essa superava i confini della legittimità, caratteristica che anche in pieno regime fascista non scomparve del tutto. [ 17
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