Lavoro e diritti in Valle d'Aosta
Tale preoccupazione è evidente nel dibattito del III Congresso Nazionale CGIL di Napoli del 1952 e lo ritroviamo nelle parole di Di Vittorio: “Il bisogno del pane, del lavoro, della cultura, sono legati intimamente alla difesa delle libertà democratiche, alla difesa della Costituzione, della Repubblica, e quindi alla lotta contro tutte le leggi liberticide e in particolar modo alla lotta contro la legge antisciopero, antisindacale” 68. Il primo sciopero generale “ contro la legge truffa” indetto dalla CGIL il 19 gennaio ’53, in Valle ebbe una vasta adesione soprattutto alla Cogne, suscitando una vivace polemica con il SAVT che osteggiava la partecipazione dei suoi iscritti a scioperi politici. A fine gennaio l’impresa edile Giacchetti, il cui personale era in agitazione per rivendicazioni salariali, trasferisce d’ufficio dal cantiere di Aosta a quello di Sarre il vicesegretario FILEA Moretto, anche membro della CI , col chiaro intento d’intimidire le maestranze. Tentativo fallito perché una delegazione di edili, accompagnata da Mario Colombo, si recò dal Presidente della Regione per dirimere la vertenza. Questo episodio è anticipatore dell’ondata repressiva che dopo poco più di un mese si abbattè all’interno della Nazionale Cogne, colpendo addirittura i vertici della Camera del Lavoro. Quando domenica 29 marzo 1953 la legge maggioritaria fu approvata “ la notte stessa la CGIL proclamò per l’indomani uno sciopero generale. Nonostante l’azione contraria svolta dai quadri della CISL , la manifestazione riuscì meglio di altre promosse su motivi diversi: le adesioni furono valutate dal sindacato promotore al 56% ” 69 . La Nazionale Cogne, attenendosi rigidamente alla circolare diffusa dalla Confindustria, in cui si affermava l’illegalità degli scioperi attuati per motivi non economici, a protesta avvenuta procedette con le sanzioni disciplinari, ivi compresi i licenziamenti. È drammaticamente chiaro il comunicato emesso dalla Camera del Lavoro: “ La Direzione della Nazionale Cogne dopo aver inviato le lettere di ammonimento a tutti i lavoratori che hanno scioperato il 30 marzo del 1953, non ha voluto essere da meno della FIAT , ed è passata alle vendette personali e peggio ancora, ha messo in atto metodi fascisti ed illegali. Infatti, i compagni Colombo e Ciocchetti, che erano in permesso sindacale sono stati licenziati, il compagno Vittone stimato da tutti i lavoratori per la sua attività in difesa dei loro interessi è stato trasferito. Piccole vendette personali che trovano solo riscontro nell’animo di chi ha perso il buon senso. Inoltre la Direzione della Cogne pretende di interpretare il contratto e la Costituzione a suo uso e consumo, considerando un’assenza arbitraria lo sciopero del 30 marzo1953, e vorrebbe addebitare dei danni fantomatici ai lavoratori dell’Alto Forno, per cui ha comunicato ad essi che tratterà il 10% del loro salario fino alla rivalsa di 60 milioni. ” 70 . Il colpo inferto dalla Cogne fu molto duro tenuto conto che Colombo, Segretario FIOM , e Ciocchetti responsabile dell’Ufficio vertenze ed ex Segretario CGIL, formavano con Ravina la Segreteria della Camera del Lavoro di Aosta. Questo fu solo l’inizio della repressione che, nel contesto della vertenza dei 47 giorni dell’anno successivo, investì buona parte del quadro attivo CGIL dell’azienda, a partire dai membri della CI . Nonostante il grave colpo subìto, la CGIL Regionale non si fermò mobilitandosi per lo sciopero generale nazionale del 14 aprile contro il Piano Schuman sull’acciaio. Rinfrancata dal risultato delle elezioni nazionali del 7 giugno ’53, dove la legge maggioritaria non scattò ed i partiti minori alleati della DC subirono un vistoso arretramento, la Camera del Lavoro con il SAVT aprì una vertenza con l’Associazione Valdostana Industriali sulla “perequazione retributiva e conglobamento voci della retribuzione”. Era questo un tentativo di articolare su base regionale la nuova politica salariale che la CGIL si era data agli inizi degli anni ’50 per superare un periodo di sostanziale blocco dei salari, fonte di un malessere sempre più diffuso tra i lavoratori. La lotta per gli aumenti salariali era nelle aspettative della CGIL la leva fondamentale per determinare un’inversione della politica economica, per uscire dalla stagnazione dei primi anni ’50 e per far saltare uno dei pilastri della politica deflazionistica e liberista dei governi centristi. Anche la CISL affrontò il problema salariale ma con un’ottica completamente diversa, dichiarandosi contraria ad un aumento generalizzato dei salari che, favorendo l’inflazione, avrebbe danneggiato i salari reali dei lavoratori. La piattaforma rivendicativa nazionale della CGIL prevedeva un aumento generalizzato dei salari del 15%, il conglobamento delle diverse voci retributive della paga base, la perequazione delle retribuzioni femminili e 100 ] 67) “Speculazione stroncata dalla C.d.L. di Aosta”, Le Travail , n. 17, 30.11.52. 68) G. Di Vittorio, Relazione al III Congresso CGIL, Quaderni di Rassegna Sindacale n. 117, 1985, pag 71. 69) S. Turone, op. cit., pag. 200. 70) “Indietro non si torna - Fermiamo il fascismo”, Le Travail , n. 4,13.4.53.
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