Il mercato del lavoro in Valle d'Aosta
L’andamento dell’occupazione risulta eterogeneo fra differenti classi di età. Dopo il calo severo verificatosi nel 2013 e nel 2014 (-13,8 e -11,1 per cento, rispettivamente), gli occupati nella fascia fra i 15 e i 24 tornano a crescere (+12,8). Rispetto al 2011 gli occupati in questa fascia di età si riducono comunque del -6,88 per cento e addirittura del 28,36 rispetto al 2007. Continua a calare l’occupazione per i lavoratori e le lavoratrici compresi nella fascia di età fra 25 e 44 anni. Gli occupati della fascia 25-34 anni si riducono del 2,1 per cento, mentre quelli nella fascia 35-44 (periodo centrale per la carriera lavorativa) del 3,6 per cento. Complessivamente, gli occupati nella fascia 25-34 si sono ridotti del 16,4 per cento rispetto al 2011 e del 31,6 per cento rispetto al 2007. Aumentano invece gli occupati over 45: la classe 45-54 aumenta dello 0,3 per cento rispetto al 2014, mentre quella fra i 55 e i 64 anni dello 0,6. Infine, gli over 65 vedono aumentare la propria occupazione del 9,2 per cento rispetto all’anno precedente. Sembra quindi confermato il ruolo giocato dalla riforma Fornero, che a causa dell’innalzamento dei requisiti anagrafici per il godimento della pensione ha provocato un aumento degli occupati nelle fasce di età più elevate. ! Figura 1: le variazioni percentuali del numero di occupa5 per orario di lavoro e genere mostrano l’aumento del part-5me ! Fonte: Elaborazione su dati Ifl ISTAT Infine, se si distingue l’analisi dell’occupazione per tipologia contrattuale, si può osservare come gli anni della crisi abbiano visto un incremento degli occupati precari. I dati ISTAT infatti ci mostrano come rispetto al 2007 gli occupati dipendenti con contratto a tempo determinato sono aumenti del 15 per cento, mentre il numero degli occupati con contratto a tempo indeterminato è diminuito del 2,23 per cento. Come si può notare dalla figura 2, a partire dal 2009 il numero di lavoratori con contratto a tempo indeterminato rispetto al totale è andato diminuendo (con l’eccezione di un lieve aumento fra 2012 e 2013). Si può ipotizzare che in una prima fase della crisi le imprese abbiano preferito mantenere i lavoratori con contratto a tempo indeterminato, liberandosi di quelli con contratto a termine. Tuttavia nelle fasi successive l’incidenza di lavoratori con contratti precari è andata aumentando. I dati dell’Indagine sulle Forze di Lavoro non sembrano mostrare evidenza di un effetto positivo sull’andamento dell’occupazione a tempo indeterminato dei recenti provvedimenti normativi, ossia del combinato disposto Jobs Act e decontribuzione totale del costo del lavoro per 3 anni per le imprese che assumono con il nuovo contratto a tutele crescenti. Al contrario, rispetto al 2014 i contratti a tempo indeterminato diminuiscono (ed è il sesto anno consecutivo che si registra un segno negativo) dello 0,7 per cento, mentre quelli a tempo determinato crescono del 6,4 per cento. La discrepanza fra i dati ISTAT e quelli dell’INPS - che segnalano un aumento delle assunzioni nette a tempo indeterminato nell’anno 2015 – potrebbe essere spiegata da una particolare intensità 5
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